Gente distratta: ho sposato un martinaro
Ho sempre trattato- e lo dico senza buonismo d’occasione- mia madre e mia suocera allo stesso modo, anche perchè, fondamentalmente e nella loro diversità, le due sono uguali, al punto che a volte non so chi delle due stia parlando…Devono averlo capito anche loro, poichè, quando io e Marco si litigava, dicevano sempre: “Questi due…sembra li abbia fatti la stessa mamma…”.
In realtà, come mia madre e mia suocera, io ho saputo ben adattarmi, – sempre vivendo tra la gente, – ai vari luoghi in cui ho vissuto, e li ho amati tutti allo stesso modo, sentendomi sempre “a casa”, senza radicalismi campanilistici.
Marco, invece, sotto questo profilo, non è come noi: lui è un “martinaro”.
Non uso il (corretto) aggettivo “sanmartinese”, perchè questo termine indica solo “l’abitante di San Martino V.C.”; “martinaro”, invece, ha un’accezione più complessa, inglobando in sè un modo di essere, una filosofia di vita intrisa di patriottico campanilismo (a volte anche stucchevole) ed, al tempo stesso, di insofferenza per l’angustia del luogo.
San Martino, ridente-mica-tanto Paese della Valle Caudina, è un borgo di 5000 anime, pieno di storia e di cultura, di lustro e di degrado, di splendore e decadenza. Nei miei ricordi di bimba “cosmopolita”, è un luogo in perenne festa estiva, nel quale, sulle spalle del mio “superpapà non conventional” , assistevo ai concerti del fior fior dei musicisti italiani dell’epoca, senza minimamente immaginare che sarei finita a viverci!!!
Ricordo che ai miei venne un infarto, quando scoprirono che amoreggiavo con un “martinaro”, salvo poi tranquillizzarsi (almeno loro) dopo i dovuti accertamenti sul mio pretendente e stirpe, compiuti a mezzo adeguati missi dominici amici.
Prima che mi sposassi, in tanti mi hanno chiesto come avrei fatto ad adeguarmi a viverci, a S. Martino Valle Caudina, vista l’indiscutibile decisione di Marco di non lasciare il suo Paese, malgrado l’opportunità di più favorevoli alternative; ed io, questa imposizione, in fondo in fondo, neppure la ho mai discussa…
Vi dirò: a me sembra un Paese come un altro, qui ho trovato amici sinceri e persone insopportabili, come in altri posti, la gente (e chi lo avrebbe detto???) lava i piatti e fa la differenziata (ora bene ora male) come in altri posti, beve ora vino buono ora “adatto all’insalata” come in altri posti…Qui trovi menti eccelse e deficienti, brava-gente-che-lavora e mascalzoni professionali, imput culturali ed ignoranza profonda, despoti in abito-saio e modesti illuminati senza marsina, politica pedestre e sprazzi ideologici d’avanguardia, desolazione e vita vera…
Marco ed i martinari,- tutti della scuola “o’ sang’ vol ric ma nun vol sent”, – raccolgono in sè tutte le contraddizioni proprie del loro territorio. Se ad un martinaro che ti chiede “Come ti sei integrata a San Martino?”, rispondi: “Bene, le persone mi hanno accolta cordialmente”, il nostro tuona: “Però stai attenta, qui le persone sono molte chiuse, per una non indigena non è facile entrare nelle loro cerchie chiuse”. Se, invece, alla stessa domanda, rispondi: “Alle volte mi sembra che i martinari siano una setta impenetrabile”, l’interlocutore autoctono risponde: “Ma quando mai…qui sono tutti apertissimi, ti faranno sentire sempre a casa…”.
Ovviamente, io, che son “donna di mondo”, rispondo sempre: “Certo”.
Intanto, vivo con il mio “martinaro”, follemente innamorato del Paese che a volte maledice, con cui non è possibile passare qualche giorno fuori senza che ti faccia pesare il suo bisogno di tornare al campanile, che soffre gli angusti confini mentali della sua terra ma che non li varcherà mai, che ogni giorno ha un’idea nuova per migliorare politicamente e culturalmente la sua San Martino, ma che ogni giorno teme la lotta con i mulini a vento sottesa alla realizzazione della predetta idea, che, come tutti i suoi compaesani, non può staccare il cordone ombelicale con i familiari, (che pur a volte gli stanno stretti come stringhe), che ogni giorno deve esaltare il suo Paese, pur non potendo ignorare quello che proprio qui non va’…
Qui, c’è di strano che, tutto sommato, si ci può sopravvivere.
Qui, c’è di bello che, a volte, si ci può addirittura vivere…
Rosaria Ruggiero