Accadde oggi: 32 anni fa la strage di via D’Amelio con la morte di Borsellino e la sua scorta
Una morte, per certi versi , annunciata quella del magistrato siciliano
Accadde oggi: 32 anni fa la strage di via D’Amelio con la morte di Borsellino e la sua scorta. Il 19 luglio 1992, tre auto blindate si dirigono verso Via Mariano D’Amelio a Palermo. Su quella strada c’è parcheggiata una Fiat 126. In una delle tre auto blindate c’è il magistrato Paolo Borsellino, che sta andando a fare visita alla madre.
Le auto arrivano al civico 21, dove abita la madre del giudice. Lui e la sua scorta scendono mentre uno degli uomini inizia a fare manovra. La 126 parcheggiata non era una macchina qualsiasi, era stata messa lì da “cosa nostra” e aveva al suo interno 90 chili di esplosivo. L’auto esplode portando alla morte di Paolo Borsellino e di cinque uomini della sua scorta.
La morte del giudice era una morte preannunciata. Dopo l’attentato al suo collega Giovanni Falcone, Borsellino sapeva che sarebbe toccato a lui. Riferì più volte alla prefettura della sua paura e propose più volte di mettere sott’occhio i suoi luoghi di visita abituali. Purtroppo la richiesta non fu mai ascoltata.
L’unico sopravvissuto, Antonio Vullo, racconta lo scenario orribile di quella strage. Ricorda come, dopo aver avvertito l’esplosione e dopo esser stato scaraventato dal sediolino, sia sceso e abbia visto brandelli di carne dovunque. Un vero e proprio scenario di guerra.
La strage di Via d’Amelio è stata caratterizzata soprattutto da grandi depistaggi, da false testimonianze e oggetti spariti. Alla morte di Falcone, il giudice Borsellino iniziò ad accelerare le indagini e a scrivere tutti i dettagli su un’agenda rossa.
L’agenda era sempre con il magistrato e al momento della sua morte quell’importante testimonianza non fu ritrovata. La sparizione, secondo i giudici che hanno preso sotto indagine i fatti del 19 luglio, sarebbe avvenuta per mano di qualcuno esterno a Cosa Nostra, qualcuno che sapeva cosa rubare e che poteva agire indisturbato
. Il depistaggio poi continuerà presentando falsi pentiti e false testimonianze. Gaspare Spatuzza, un vero pentito, cambierà le carte in regola presentando uno scenario completamente diverso. La storia di Via d’Amelio è stata definita come uno dei più grandi depistaggi italiani.
Il 24 luglio 1992 si svolsero i funerali di Paolo Borsellino, con circa diecimila persone presenti. Alle esequie non fu gradita la presenza di personaggi politici e dei rappresentanti di Stato, responsabili, secondo la famiglia, della morte del giudice. Le persone presenti erano in lacrime, si disperavano. Quelle persone piangevano la morte di un uomo che ha offerto la sua vita per salvare quella degli altri.
Sì, un uomo, perché Paolo Borsellino è stato un magistrato e soprattutto uomo. La sua umanità gli permise di andare avanti nella lotta alla mafia senza paura, per il bene di tutti gli italiani. Il suo omicidio ha visto il silenzio di molti e la cecità di molti altri. Borsellino è stato in vita un eroe, il cui lavoro purtroppo è stato ripagato con grandi menzogne e tante beffe.