Accadde oggi: il 24 luglio 1956 naufraga l’Andrea Doria
Il transatlantico più famoso al mondo
L’Andrea Doria fu il transatlantico italiano più famoso al mondo. La nave venne costruita usando i migliori mezzi, era un vero e proprio gioiello di scintillante bellezza, fosforo e fantasia. Fu inaugurata nel 1951 per la rotta Genova-New York ma naufragò solo 5 anni dopo, in uno schianto ancora oggi avvolto dal mistero.
Per lo sfortunato ultimo viaggio della nave il comando era stato affidato al capitano Pietro Calamai. Lo scafo fece uno scalo a Cannes e poi a Napoli e il 18 luglio la rotta venne impostata per New York. Niente più scali. C’era solo l’oceano, acqua senza fine, da attraversare.
Il 25 luglio l’Andrea Doria era già nei mari americani, quello stesso giorno partì il transatlantico svedese Stockholm che era diretto in Norvegia. La nave era partita alle 11 del mattino dal molo di New York e verso le ore 23 si trovava in un fitto banco di nebbia.
In quella fitta nebbia si trovava anche il transatlantico italiano, che procedeva con i fari accesi ed emettendo segnali sonori per essere notato. Lo Stockholm era nelle mani del terzo ufficiale di bordo, un 26enne che, per scansare la collisione con l’imbarcazione italiana, virò verso destra.
La manovra si rivelò fatale, poiché virando verso destra e non verso sinistra, finì per colpire l’Andrea Doria in pieno, squarciando lo scafo ed aprendolo a mo’ di scatoletta. La nave si inclinò su un lato, perdendo numerose scialuppe di salvataggio.
Il segnale SOS era già stato inviato e le procedure di salvataggio avvennero con un meraviglioso ordine. Vennero recuperati 1706 passeggeri e 46 persero la vita, sulla nave svedese persero la vita 5 persone. Ma il capitano Calamai non voleva scendere.
La legge del mare prevede che il capitano affondi con la sua nave, e lui rispettava il codice del mare.“Andate semmai vi raggiungo a nuoto”,disse, a quel punto gli altri ufficiali annunciarono al capitano che se lui non fosse sceso, loro sarebbero risaliti e sarebbero affondati con lui.
A quel punto il comandante si decise a scendere.
Il transatlantico italiano ormai completamente capovolto cadde a picco 11 ore dopo la collisione. Insieme alla carcassa della nave finì in fondo al mare anche il cuore del comandante della nave, che non si riprenderà mai del tutto da quella vicenda.
La storia dell’Andrea Doria sembra quasi una leggenda di mare, in cui coraggio e pathos si mischiano dando vita ad un mito. Lo schianto poteva essere evitato e i processi successivi diranno che la colpa fu di entrambi gli uomini che in quel momento si trovavano in plancia.
Il corpo esanime del transatlantico adesso si trova sui fondali di Nantucket. Ogni tanto qualche reperto viene riportato a galla dagli esperti. Lo scheletro della nave giace a soli 70 metri di profondità, riportarlo alla luce costerebbe troppo, e così è stato lasciato lì, come un eroe morto in battaglia.