Accadde oggi: il 27 luglio 1835 nasce Giosuè Carducci

Premio nobel della letteratura

Redazione
Accadde oggi: il 27 luglio 1835 nasce Giosuè Carducci

Accadde oggi: il 27 luglio 1835 nasce Giosuè Carducci. Il poeta italiano crebbe nella maremma toscana, con papà liberale e carbonaro che lavorava come medico. Si spostò a Firenze e poi passò a Pisa, dove si laureò nel 1856.

In quegli anni portò avanti una critica anti romantica sulla rivista “Gli Amici Pedanti”, all’anno dopo, invece, risale il primo volume di rime durante il periodo d’insegnamento a San Miniato. Nel 1859 sposò la sua parente Elvira Menicucci da cui ebbe quattro figli.

L’anno successivo il ministro Mamiani lo nominò professore di letteratura italiana dell’Università di Bologna. Qui venne fuori la sua personalità da professore istruito e da critico erudito.

Inizialmente Carducci non godette di una gran fama, per via soprattutto delle sue posizioni politiche, ma col tempo la sua notorietà si consolidò fino a prendere i tratti della gloria, negli anni 70 dell’ottocento.

Nel 1890 fu senatore e socio corrispondente dei Lincei, e nel 1906 ricevette il premio Nobel per la letteratura. L’anno dopo si spense a Bologna per via di una broncopolmonite. L’eredità lasciata da Carducci rimane immensa. Carducci è un poeta vate inteso come guida morale,nel senso civile del termine.

L’ordine che diede alle sue poesie fa capire anche lo spirito autocritico con cui affrontava la sua scrittura: quelle scritte in gioventù (Juvenilia), ad esempio, sono nate dall’imitazione, sono i “primi colpi di lancia” ancora incerti ed acerbi.

Soprattutto i versi risentono delle esperienze della sua vita, come il dramma della morte per il figlio Dante. Carducci, delle volte, voleva passare per rozzo ed intrattabile, ma poi ne soffriva le conseguenze.

Il rapporto che ebbe con Carolina Cristofori Piva riempì il suo animo di dolcezza, gli diede la sensazione di essere amato e di aver imparato ad amare. Il poeta italiano è stato definito l’ultimo classicista e l’ultimo dei romantici: classicista per la concezione di poesia che aveva, dell’uso che ne faceva e nel modo di scrivere, nell’impiego della lingua; romantico per la sua avversità con la società contemporanea, per la funzione che della natura e per il concepimento di una poesia con valore pedagogico.

Lo stile che mescolava quello di Dante e Petrarca a quello dei suoi contemporanei, con uno sguardo anche al mondo greco, rimane uno dei modi più eloquenti e magnifici del fare poesia. Chiudere in poche righe l’importanza di un tale genio della lirica, intesa come arte poetica, appare davvero difficile, poiché, il suo lascito va ben al di là di semplici versi.