«Alfonsina e Caterina» di Nicola Sguera conquistano la IV edizione del concorso sull’emigrazione veneta. Alfonsina, quindicenne di un paese povero del Veneto, parte “a servizio” verso Benevento nella seconda metà degli anni Trenta, lasciando la famiglia e l’infanzia.
Nella casa borghese che la accoglie diventa la tata di Caterina, una bambina con cui nasce un legame fatto di cure quotidiane, gesti minimi, affetto silenzioso.
Tra dialetti, stagioni e distanze sociali, Alfonsina cresce insieme alla bambina, imparando un mestiere e una misura nuova di sé. Quando è costretta a tornare al paese, il rapporto non si spezza: resta come traccia profonda, memoria condivisa che attraversa gli anni, fino alla perdita.
La loro storia racconta come l’amore e il lavoro di cura possano trasformare una vita, anche quando restano ai margini della storia ufficiale. Questo, in breve, il contenuto di “Alfonsina e Caterina”, il racconto che ha vinto il primo premio (500 euro e pubblicazione in volume) della quarta edizione del concorso letterario “Raccontare l’emigrazione veneta”, promosso dall’Associazione Bellunesi nel Mondo, letto integralmente durante la premiazione.
Una storia di “resilienza”, come è stata definita nella motivazione del premio. L’autore, in collegamento da remoto, visibilmente commosso per il
riconoscimento, ha spiegato come il nucleo della storia sia assolutamente reale, perché Caterina non è altri che sua madre, Caterina Zolli, cresciuta, appunto, da una tata veneta (di cui restano tracce fotografiche, che saranno inviate all’archivio dell’Associazione) e con lei rimasta in contatto epistolare per tutta la durata della sua vita.
riconoscimento, ha spiegato come il nucleo della storia sia assolutamente reale, perché Caterina non è altri che sua madre, Caterina Zolli, cresciuta, appunto, da una tata veneta (di cui restano tracce fotografiche, che saranno inviate all’archivio dell’Associazione) e con lei rimasta in contatto epistolare per tutta la durata della sua vita.
«Fu doloroso per lei [Alfonsina] sapere, quando chiamò per sapere perché non arrivavano più lettere, che quella bambina dai bellissimi capelli neri era morta prematuramente di cancro.
Pianse a lungo pensando a quanto fosse stato importante quell’incontro per lei, a come l’avesse cambiata, a come la vita ci forgi quasi sempre attraverso sofferenze che
il tempo carica di dolcezza e bellezza.
il tempo carica di dolcezza e bellezza.
Volle, in omaggio a ciò che aveva significato per lei, tornare a Benevento, conoscere i suoi figli, raccontare loro di quegli anni lontani. Ma questa è un’altra storia…»
Nicola Sguera è da poche settimane in libreria con il suo primo romanzo, “Euthymios” (Bolis edizioni), la storia di un medico greco che conosce da vicino Gesù e ne diventa amico.