Alluvione nel Sannio: il coraggio e le difficoltà di rialzarsi
La nostra attenzione è per lo più catturata da immagini o video, ancor di più se questi riguardano eventi traumatici o catastrofi imminenti. Nel momento del disastro, per sua stessa natura, l’uomo è sollecitato a prodigarsi per il prossimo, ad intervenire e, se necessario, a sporcarsi le mani. Si accendono i riflettori, ci si mobilita per informare e richiamare l’attenzione a non voltarsi dall’altra parte. Eppure la storia insegna che così come l’uomo è capace di donarsi, con sincero sforzo e spirito collettivo, è altrettanto capace a dare un tempo limite a questo suo principio di fratellanza. Scaduta la settimana, o se va bene, il mese, il prodotto è obsoleto, saturo, di poco interesse, non più capace di attirare la necessaria attenzione.
L’alluvione di Benevento non è stata esente da questo crudele meccanismo mediatico; #SaveRummo #sporchemabuone #RialzatiBenevento (la hit degli rh negativo), sono solo le più note iniziative che sono nate intorno ai tragici eventi del Sannio del mese di Ottobre e che già faticano a rimanere al centro dei discorsi.
Spenti i riflettori, le piccole raccolte spontanee, al di là della valenza economica o di una fantomatica sfilata politica, rimangono il vero segnale di sostegno e forza. Perché lasciare un’impronta nel fango non equivale a spalarlo via.
Magari questo avranno pensato i proprietari del Vivaio Ciampi. Una piccola raccolta spontanea da parte di un gruppo di ragazzi, destinata alla struttura, tra le più danneggiate della Contrada Pantano. 30.000 mq di piante, fiori da giardino e arbusti sommersi dal fango, la serra completamente distrutta, l’amarezza nel cuore. Svendere le poche piantine recuperate e ripulite dal fango, svendere la fatica e il sudore di una vita, svendere, svendere il più possibile per ripartire. Patrizia Ciampi, titolare del vivaio, è solo una delle persone, una delle aziende che ha pianto e si è disperata, ma che ha poi infilato guanti e stilavi per riprendere ad uno ad uno i cocci della sua vita. “Da subito abbiamo sentito il calore e la solidarietà dei concittadini sanniti” rivela Giusy Mignone, nipote della titolare. “Ora i miei amici mi hanno dimostrato ulteriormente la loro vicinanza e il loro affetto, un gesto che mi commuove”. Una piantina grassa ad ognuno dei ragazzi come segno di ringraziamento, una di quelle raccolte e ripulite proprio lì, nella serra in Contrada Pantano. “L’umore è basso” continua Giusy “una vita dedicata al lavoro, un’azienda in piena crescita ora sepolta dall’acqua del fiume”. Si parla molto di futuro, speranza ma credere di potersi rialzare solo con le proprie gambe è impossibile. “Vogliamo ricominciare, pian piano ripiantare ogni seme, ma pretendiamo sicurezza e manutenzione”. Questa vicenda non ha nulla di sorprendente o di incredibile. Parlando con gli abitanti del Sannio se ne possono trovare tante, fatte tutte di tristezza ma anche coraggio e umile solidarietà. Guardare il fiume e non averne paura, guardare la pioggia e non credere di poter perdere tutto. Questo vorrà dire “rialzarsi”. I riflettori si spengono ma il lavoro di recupero continua #unapiantaperricominciare.
Rita Valente