Articolo 18: in Valle Caudina è un miraggio
La discussione legata all’abolizione dell’articolo 18 è tornata di moda dopo il via libera del Governo alla revisione dello Statuto dei Lavoratori. La norma, prevista dalla legge 300 del 1970, regola il licenziamento “illegittimo” quello, per intenderci, fatto per motivi discriminatori o in maniera ingiustificata. Secondo una consolidata teoria economia, è proprio questo articolo uno dei motivi che frena le assunzioni in Italia. I detrattori del Governo, invece, sostengono che in un momento in cui la disoccupazione è al 15 per cento e quella giovanile al 40 per cento, non si comprendono i motivi di questa battaglia: il lavoro bisogna crearlo, non distruggerlo.
Che ricadute ha questa battaglia in Valle Caudina? Siamo chiari: pressoché zero. L’articolo 18, infatti, si applica solo alle aziende con più di 60 dipendenti oppure alle unità produttive che contano almeno 15 lavoratori assunti. In Valle, secondo i dati del Governo, il 96 per cento di coloro che hanno un lavoro sono al di fuori dell’ambito di applicazione dell’articolo 18. Per due motivi: o sono dipendenti pubblici (e quindi hanno già tutele ampiamente garantite) o perché lavorano in piccole aziende che contano meno lavoratori. Nelle piccole imprese, infatti, la norma non si applica.
In una zona economicamente depressa come la nostra, quello sull’articolo 18 è un dibattito inutile. Siamo convinti, poi, che tutti quelli che sono alla ricerca di un lavoro sarebbero disposti a fare carte false pur di averne uno, figurarsi se discutono la possibilità di libertà di licenziamento. Anche perché, dalle nostre parti, quando un imprenditore deve licenziare lo fa e basta: senza chiedere permesso a nessuno.
Angelo Vaccariello