Cervinara, 22 anni fa l’assassinio di Enrico Madonna

Redazione
Cervinara, 22 anni fa l’assassinio di Enrico Madonna

Arrivarono con il buio, lasciarono una scia di sangue e poi tornarono nelle tenebre. Il colloquio di Raffaele Cutolo con Repubblica, pubblicato ieri, non può non far tornare alla mente una delle più oscure vicende della storia della Valle Caudina, una vicenda tutta cervinarese. Una storia di sangue, di 22 anni fa, sulla quale ancora non è stata fatta luce. Stiamo parlando dell’assassinio di Enrico Madonna, avvocato, considerato il consigliori proprio di Raffaele Cutolo. Secondo la vulgata, fu proprio il fondatore della Nco, dopo aver conosciuto Madonna in carcere, a volere che si laureasse in Giurisprudenza. L’avvocato fu trucidato a colpi di pistola e di fucile, la sera del sette ottobre del 1993, in via Carlo Del Balzo, a pochi passi dall’abitazione della mamma, che all’epoca aveva 83anni. Purtroppo, in quella maledetta vicenda, perse la vita anche un innocente, Carmine Brevetti, che aveva avuto la sola colpa di essersi fermato a scambiare quattro chiacchiere con Madonna. Nel 93, il consigliori aveva 51anni, era uscito da poco dal carcere, dopo essere stato incarcerato a seguito del maxiblitz del 1985. Trovò, però, un mondo totalmente diverso. La faida tra la Nuova Camorra Organizzata, l’organizzazione fondata da Cutolo, e la Nuova Famiglia era quasi terminata. I fedelissimi di don Raffaele erano stati tutti messi a tacere, con dosi pesanti di piombo. I più fortunati, come appunto lui, si trovavano dietro la sbarre. L’avvocato cervinarese, che si era laureato in carcere, però, probabilmente, non si era rassegnato a questa sconfitta. Appena fuori, ricordando l’antico potere avuto a fianco di don Raffaele, stava cercando di rimettere su le fila dell’organizzazione. Non solo, stava cercando di far pesare anche i rapporti che Cutolo aveva avuto con la politica. Non dimentichiamo, infatti, che la sua mediazione fu fondamentale per ottenere il rilascio di Ciro Cirillo, l’assessore regionale all’urbanistica, rapito dalle Brigate Rosse. Quello che lo Stato e la Dc non vollero per Aldo Moro, lo misero in campo per quello che sembrava uno oscuro politico napoletano. Ma, attraverso Cirillo passava tutta la vicenda della ricostruzione post sisma ed il sistema politico di allora, non poteva permettersi delle rivelazioni esplosive da parte del politico, incalzato da interrogatori con i terroristi. Così, Madonna, tornato a casa, nella sua Cervinara, credeva di poter contare ancora. Del resto era depositario di mille segreti, di legami inconfessabili ed impresentabili. Non a caso, infatti, a pochi giorni della sua uccisione, rilasciò una intervista a Il Mattino, nella quale parlava anche dei rapporti tra la Nco e la politica. Si mise troppo in evidenza, una esposizione che lo condannò a morte, perché l’esercito di don Raffaele non esisteva più. Non c’era nessuno a proteggerlo e, certamente, non poteva chiedere benevolenza a chi stava minacciando. Una mossa falsa, per un giocatore che sino ad allora le aveva azzeccate tutte. La sera del sette ottobre del 1993, un commando composto da cinque uomini, tre in una vettura ed altri due a fare da staffetta su una motocicletta, misero fine alla sua carriera. I mandanti e gli esecutori del duplice omicidio mai sono stati trovati. Tra i tanti pentiti, che si sono contati nella storia della camorra degli ultimi venticinque anni, nessuno ha sollevato questa vicenda. Sembra addirittura che a nessuno interessi veramente il motivo per il quale il Consigliori di Cutolo fu messo a tacere a suon di pallottole. E quelle parole di don Raffaele, lette su La Repubblica, non possono farci dimenticare che uno degli uomini più potenti della camorra era caudino di Cervinara.

P. V.