Cervinara: Francesco Cioffi va in pensione e chiude un salone storico
Stamattina ha dato l’annuncio sul suo profilo facebook: dopo 40 anni di attività, chiude il suo salone, sentinella della frazione Salomoni a Cervinara, antro per raccontare storie e leggende, bottega del buon umore, termometro di indignazione.
Francesco Cioffi, detto Ciccio, maestro barbiere taglia il giusto traguardo della pensione. Purtroppo, però, la pandemia in corso lo ha portato ad anticipare questa sua decisione ed è costernato e confuso, Qualche anno fa gli dedicammo un articolo che oggi vi riproponiamo per salutare con affetto una persona che è una vera e propria istituzione per una parte di Cervinara.
Tex non può mancare, come trovi sempre Il Mattino, Il Corriere dello Sport, qualche interessante libro e le ultimissime sull’Inter di cui il padrone di casa è tifosissimo. Ma, chi attende il turno, oltre a leggere, tende l’orecchio perché, al di là delle eterne discussioni sul calcio, c’è sempre una bella storia da ascoltare, un ricordo da far rivivere, un passato da rinverdire.
La bottega di Francesco Cioffi, per gli amici Ciccio, non è solo “acconciature per uomo”, ma è l’ultimo, estremo baluardo della memoria della frazione Salomoni. Ciccio ha rilevato l’attività nel giugno del 1981, ma in quell’angolo di Corso Napoli, da sempre, a memoria d’uomo, c’è stato un barbiere.
Del resto, Francesco ricorda benissimo, quando da ragazzino, ha imparato i primi rudimenti del suo mestiere proprio lì. Quando andava, come si diceva, dal masto, che all’epoca, tra il finire degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta del secolo scorso, era un personaggio eccentrico e divertente. Il titolare dell’epoca era Peppe, detto ‘o vampiro.
Veniva chiamato così perché, nelle sere ventose di autunno, quando il buio arriva presto, dall’armadio a muro della sua bottega, tirava fuori una palandrana, se l’adagiava sulle spalle, metteva del cartone tra i denti e faceva il giro dei Finelli, fingendo di essere un vampiro. Lo faceva, come ricorda Ciccio, non per spaventare, ma per divertire i bambini. L’armadio a muro nella bottega di Ciccio c’è ancora, come quando c’era il suo primo mentore. Non c’è più la palandrana dell’antico masto che poi emigrò in Canada, ma ci sono asciugamani e teli.
Ma, quando l’attuale titolare l’apre non può non ricordare e, come un antico aedo, ricorda e racconta. Ciccio rammenta una frazione, forse un poco più povera, ma molto vitale. Basti pensare che di fronte al suo locale c’erano ben due bar, il bar del Progresso e il bar Caturano e, a pochi passi, il Bar Mollica, quello più aristocratico, dove non si giocava a carte e non si facevano i tocchi a birra, mentre negli altri due, durante le festività natalizie si facevano delle vere e proprie maratone di zecchinetta.
Sempre poco lontano, due salumerie, un macelleria, due negozi di frutta e verdura, un mobilificio ed il mitico calzolaio Ciccio detto o’ pezzente, il circolo biancoverde e Carmine con il suo tabacchino, dove il sabato si giocava la schedina.
Proprio nel salone di Ciccio, si davano appuntamento i suoi amici, tutti ragazzi giovani, per tentare il sistema per sbancare al totocalcio. Ed una volta, ricorda Ciccio, il 13 fu anche azzeccato, ma non nel suo salone, bensì, in quello di Lillino, grande scommettitore. La cosa particolare è che il 13 fu centrato per errore. Lillino stava sviluppando un sistema per un suo cliente e sbagliò a ricopiare. Quell’errore fece la fortuna del suo cliente anche se quel 13 pagò solo 68 milioni, rispetto alle centinaia di milioni che si potevano vincere.
Nella bottega di Ciccio sono passate tante generazioni di salomonari e cervinaresi. Quando aprì, infatti, i clienti più anziani erano nati agli inizi del novecento ed ora sta servendo quelli che sono nati nel nuovo millennio. Da tutti ha carpito una storia, pronto a raccontarla, perchè sa bene che ogni frammento serve per non perdere una storia. Ciccio non va in vacanza ad agosto, perchè tra poco, anche se solo per qualche giorno, tornano da ogni dove, i salomonari che sono andati via per lavorare. Tutti sanno che solo nella bottega del barbiere-narratore possono ritrovare momenti della loro infanzia e della loro adolescenza. E questo succede da 36 anni, ogni giorno tranne la domenica ed il lunedì.
Ci mancheranno le storie di Ciccio, la sua formidabile memoria, il filo con cui riusciva ad unire le parentele delle famiglie ed anche gli sfottò calcistici tra amici. Buon vento barbiere –narratore, goditi la famiglia, i nipoti e la pensione, la tua scelta merita rispetto ma ci fa sentire come se fosse stata spenta la luce di un faro mentre siamo in piena tempesta.
Peppino Vaccariello