Cervinara: i roghi tossici infestano il territorio e gli untori restano impuniti. Cervinara: i roghi tossici continuano ad infestare il territorio.
Si definiva, anticamente, “Genius loci”: lo spirito dei luoghi. Respiro della natura; aura sacrale d’ogni spaz
io incontaminato; intimo custode della sua amenità.
Una lunga tradizione di pensiero, rimasta per secoli ininterrotta, e tanto più profonda quanto più vi affondano le nostre mediterranee, antiche radici, ha da sempre onorato l’atmosfera immacolata, intatta e quasi romantica di ciò che Madre Terra creò e mano mortale non disfece.
Eppure, vi sono proprio oggi spazi ed anfratti di civiltà in cui progresso ed evoluzione si riconfermano, puntualmente, soltanto nominali, vuote apparenze.
Tra questi, nostro malgrado, proprio i nostri comuni: liddove le nostre valli, da sempre orgoglio d’identità e storia per patrimonio naturale non meno che culturale, sono prede ormai indiscriminate di empie mani tese ad oltraggiarne l’armonia. La bellezza.
Fitte nuvole di fumo, liddove il verde profilo dei monti caudini s’incontrerebbe, all’orizzonte, col turchese del cielo; assideranti olezzi di plastica incendiaria, liddove l’odore delle piante ancora vergini, o il petricore della terra umida appena dopo il temporale, offrirebbero sollievo e conforto a chi vi fa capolino. Forse solo in cerca d’un momentaneo frammento di ristoro. Di respiro. Di pace.
Eppure, è ciò che puntualmente si denuncia, invece, nel nostro stesso comune, a metà tra i tornanti montani e il centro abitato, con ormai tristemente fissa, perentoria cadenza.
Poco importa che siano i primi albori del giorno, le eclatanti ore del meriggio o la più tarda della notte: al “Genius loci” della tradizione s’è evidentemente sostituito qualcuno che all’amenità dei “bei luoghi” e all’aurea cornice di quello che pur un tempo fu a tutti agli effetti “locus amoenus”, ha ferocemente contrapposto un gratuito accanimento verso gli stessi.
Che sia in ossequio alla trita e ritrita legge del dio denaro, o ad una facile eversione delle corrette regole circa lo smaltimento di rifiuti potenzialmente tossici, suddetto scempio cronicamente inflitto travalica il confine della legalità.
E se dapprima, per quanto non condonabile, si trattava d’una soltanto infradiana frequenza, risulta oggi invece una dolorosa costante il ricorso quotidiano a scellerate metodiche di disfacimento “fai da te” non autorizzato.
Né si tratta, pur tuttavia, soltanto d’un reiterato crimine verso il territorio che abitiamo e i luoghi stessi che ogni giorno solchiamo; di un’infestazione gratuita di agenti patogeni e pulviscoli inquinanti; bensì, d’un colpo stesso duramente inferto all’aria di cui noi medesimi ci nutriamo. Viviamo.
Nondimeno, d’un attentato costantemente perpetrato verso il nostro stesso prossimo. Verso i nostri anziani, sovente affetti da patologie cardiache, respiratorie; verso il nostro vicino, talvolta in attesa soltanto d’un raggio di sole a scaldare il dolore; verso i nostri figli, o i nostri amici a quattro zampe, desiderosi talvolta soltanto di un’allegra parentesi in cui giocare. Verso noi stessi, semplicemente in cerca, talaltra, d’un refolo d’aria pura. Tra un sentiero montano ed un tratto di strada. O nelle nostre stesse case.
E invece, come scriveva Marguerite Yourcenar forse già precorrendo i tempi, non v’è nulla di più prezioso, e al contempo di più fragile e delicato, dell’armonia dei luoghi e del loro equilibrio.
Ogni colpo impudentemente inflitto alle pietre; ogni attacco bruciante sadicamente imposto alle fronde degli alberi; ogni violazione, ogni colposa effrazione ad uno scenario naturale, storico e urbano insieme, cagionano sovente l’irrimediabile.
Lì, dove finanche un tratto d’asfalto, teso ad interrompere un sentiero o un campo di grano in cui da secoli l’erba cresceva, potrebbe già di per sé costituire un clamoroso attacco al cuore d’un territorio. Al suo cuore e al suo mediastino.
E forse, forse il nostro cuore meriterebbe, al contrario, maggior rispetto, maggior cura; maggior considerazione e maggiore attenzione affinché possa continuare a battere indisturbato. A pulsare di vita propria.
Affinché questo, proprio questo, resti l’emblema di un’area interna che, nonostante tutto, ancora s’arrende; e che ogni giorno, nelle sue superstiti, ancora superstiti risorse, ricerca il pretesto per plasmare, promuovere e riconquistare insieme la propria bellezza. E co
n essa, la propria rinascita.
Serena Fierro