Cervinara: l’eterno conflitto che distrugge il paese
Pubblichiamo l’editoriale del direttore del Caudino, Alfredo Marro, in edicola con l’ultimo numero del nostro mensile.
Il voto di domenica 31 maggio può segnare una svolta nella politica cittadina. L’appuntamento ha provocato un profondo sconvolgimento nel quadro politico, dal quale è scomparso il nutrito gruppo di antagonisti per vocazione che, non trovando questa volta pretesti per attaccare briga con avversari esterni, ai sono inventati una lite interna dalla quale sono usciti con le ossa rotte, vittime della legge del taglione. La causa dello scontro è stata la designazione del candidato sindaco, sulla quale rappresentanti di partiti e gruppi che si richiamano al centrosinistra si sono fieramente divisi fino a disertare la competizione, rinunciando a proporsi con una propria lista. Il voto perciò contiene le premesse di una svolta della politica, che finora è stata ridotta ad aspro terreno di scontro tra partiti e gruppi e che ora può essere restituita alla naturale funzione di civile confronto di proposte allo scopo di soddisfare al meglio bisogni primari della comunità. Nei settanta anni della Repubblica, purtroppo, così non è stato, tanto è vero che la cronaca registra un clima di permanente conflittualità e di forti tensioni che dal 1946 all’altro ieri hanno impedito ai partiti, al governo o all’opposizione, di trovare un minimo di intesa e di collaborazione anche su problemi di modestissima entità. La storia della contrapposizione a dispetto cominciò con l’elezione amministrativa del mese di novembre 1946, quando democristiani, socialisti e comunisti si arroccarono attorno alle figure di Pasquale Clemente e Carlo de Bellis, identificati subito come acerrimi nemici dagli opposti schieramenti. Da allora la rivalità e l’inimicizia ha superato i limiti del confronto di proposta per trasformarsi nella misura dell’appartenenza di partiti, senza attenuarsi neppure al tempo del primo governo di centrosinistra, nel quale democristiani e socialisti continuarono a litigare, fino alla rottura dell’alleanza.
Non andò meglio nei primi anni settanta del secolo scorso, quando in Consiglio entrò una pattuglia di giovani, culturalmente non proprio sprovveduti, che però si ritrovarono subito arruolati d’ufficio nei due campi avversi ed accusati di intendenza con il nemico ad ogni cenno di dialogo. L’ostilità in seguito è andata crescendo ed ha toccato la punta massima nella passata legislatura, quando consiglieri della maggioranza andarono a ingrossare le fila della minoranza ed arrivarono a contestare, per dispetto, nel tentativo di impedire il completamento del progetto di riduzione del rischio di frane e l’avvio di costruzione della casa a chi l’aveva perduta nella frana di Ioffredo, ogni provvedimento di governo che prima non avevano esitato ad approvare.
Con l’elezione di maggio è scomparsa la pattuglia di consiglieri guastatori, quelli che in gergo militare si chiamano truppe d’assalto, brave a distruggere quanto incapaci di costruire qualcosa. In Consiglio ora sono arrivati 7 nuovi consiglieri – 3 uomini e 4 donne – che non sono rosi dal tarlo della contestazione a dispetto né hanno conosciuto la cultura dell’opposizione di partito. Ci sono, poi, i cinque consiglieri uscenti confermati – tra i quali la capolista Lengua – che hanno dato prova, nella seconda metà della passata legislatura, di essere interessati solo a migliorare le condizioni di vita dei propri cittadini, senza la vocazione barricadera né volontà di fare opposizione al motto di tanto peggio tanto meglio. L’ultima parola spetta ovviamente al sindaco, che deve sapere cogliere la grande opportunità offertagli dalle circostanze favorevoli per aprire una stagione nuova nella storia politica della città.
Alfredo Marro