Cervinara: lo raccontano al Trescine dove realtà e leggenda si fondono

Piazza Trescine resta la regina di Cervinara

Redazione
Cervinara: lo raccontano al Trescine dove realtà e leggenda si fondono

Cervinara: lo raccontano al Trescine dove realtà e leggenda si fondono. Piazza Trescine resta la regina di Cervinara.

Io ti ho nominato regina./ Ve n’è di più alte di te, di più alte./ Ve n’è di più pure di te, di più pure./Ve n’è di più belle di te, di più belle./Ma tu sei la regina.

L’accostamento tra i versi di questa splendida poesia che Pablo Neruda ha dedicato alla moglie Matilde e piazza Trescine a Cervinara, sono certo, che apparirà esagerato e addirittura blasfemo.  Ci saranno anche sorrisi di scherno, ma tanti cervinaresi capiranno e capiranno bene.

Nonostante l’eretico accostamento, proprio queste delicatissime parole d’amore mi sono tornate in  mente questa mattina quando sono arrivato in piazza e l’ho vista liberata dai teloni che l’hanno circondata per consentire agli operai di rifare la parte centrale della pavimentazione.

Rivederla così, finalmente, libera è stata una piccola carezza al cuore. Piazza Trescine resta la piazza più importante di Cervinara. Probabilmente non è la più bella ma, come direbbe Neruda, è la Regina. Nonostante gli uomini, dal terremoto in poi, hanno fatto l’impossibile per deturparla, per renderla brutta, è così carica di storie, di ricordi, di vite vissute, alcune consumate e dissipate, di leggende che resterà per sempre regina.

Eppure chi scrive ha certamente nel cuore piazza Sant’Adiutore, a piazza “re salamuni”, per intenderci, dove ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza e dove tuttora abita. E non può non inchinarsi alla straordinaria bellezza e nobiltà di piazza Regina Elena a Ferrari e non riconoscere la sacralità di piazza Joffredo.

Eppure, piazza Trescine o il Trescine, al maschile, è un’altra cosa. Resta il salotto buono del paese dove si trova il palazzo comunale. Il luogo fisico dove per tutta la seconda metà del Novecento si è svolto l’agone politico.

C’erano le sezioni dei partiti e, durante le campagne elettorali, si svolgevano comizi lunghissimi nel corso dei quali si doveva sfoggiare, come se fosse l’abito della festa, l’oratore più bravo, quello che avrebbe annullato tutte le tesi degli avversari. Al termine dei comizi si facevano i famosi cortei dove si intonavano canzoni per “sfottere” l’avversario.

Chi ha una certa età lo sa bene. C’era il marciapiedi dei seguaci del barone De Bellis, ossia socialisti e comunisti, e quello che raccoglieva i seguaci di don Pasquale Clemente, che è stato sindaco di lungo corso ed anche senatore della Democrazia Cristiana.

La leggenda vuole che ad ascoltare i comizi  e ai cortei del Barone c’erano sempre più persone, ma dalle urne uscivano sempre più voti per don Pasquale. Tranne nelle famose elezioni del 1975 quando le sinistre unite misero a segno una storica vittoria.

C’era il centralino di don Tutto, al secolo, don Roberto Cioffi, dove si incontravano i cervinaresi di tutte le frazioni che ricevevano o facevano telefonate ai loro cari disseminati per il mondo. All’epoca il telefono in casa era un lusso che si potevano permettere le famiglie di pochi notabili che non aprivano di certo le porte alle persone meno abbienti.

C’erano i barbieri aperti anche la domenica mattina perché  proprio in quel giorno di festa i contadini andavano in piazza Trescine per tagliare i capelli e radersi la barba. E, sempre la domenica mattina, ci si dava appuntamento per stipulare qualche affare, compravendita di terreni, partite di grano o di frutta, tagli di legname e tutto il resto.

La domenica mattina era di rigore anche ascoltare la messa nella chiesa di Maria Santissima del Carmelo. La prima chiesa di Cervinara che, a partire dalla metà degli anni Settanta, aveva delle ragazze come chierichetti a servire la messa, fortemente, volute da don Mario Buonanni, noto come “Z’Abate”.

Poi, al termine della messa, nella bella stagione, mangiare un gelato o una fetta di spumone in uno dei bar della piazza. Le donne erano ammesse nei bar solo la domenica mattina. Nessuno aveva il coraggio di accostarsi, sino a quando le emancipate degli anni Settanta trovarono il coraggio di prendere il caffè o l’aperitivo come i loro coetanei maschi.

Certamente nessuna di loro poteva essere ammessa quando si giocava a biliardo o si passavano le nottate, durante il mese di dicembre, intorno ad un tavolo di zecchinetta o di scala pokerata. Anche se le vere fortune si sono perse o vinte al circolo cittadino, che distava poco lontano dalla piazza, ed erano ammessi solo soci selezionati.

Ma per raccontare l’epopea dei bar del Trescine e delle persone che li frequentavano ci sarebbe bisogno di un libro, forse di più di uno. Oggi, nonostante tutto, nonostante i tempi che cambiano, piazza Trescine resta la piazza regina di Cervinara. E’ un non luogo come il west che abbiamo sognato da bambini, dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda.

Peppino Vaccariello