Cervinara: monsignor Vito Cioffi, morte di un sacerdote sempre in prima linea

Tante cose ha fatto per Cervinara e le sue chiese

Redazione
Cervinara:  monsignor Vito Cioffi, morte di un sacerdote sempre in prima linea

Cervinara: monsignor Vito Cioffi, morte di un sacerdote sempre in prima linea. Negli ultimi tempi si era lasciato andare, tanto da rifiutare, spesso, anche le cure.  In un letto del reparto di Medicina Generale dell’ospedale Fatebenefratelli di Benevento ha esalato l’ultimo respiro, dopo aver ricevuto l’estrema unzione, monsignor Vito Cioffi che è stato parroco di San Potito e San Marciano a Cervinara per oltre quaranta anni.

In precedenza era stato parroco a Campizze di Rotondi.  Don Vito era il più grande di quella nidiata di ragazzi che, a partire dai primi anni settanta del secolo scorso, si avvicinarono alla vocazione e decisero di entrare nell’allora seminario di Benevento, sotto la guida spirituale del loro parroco, monsignor Antonio Lombardi.

Don Vito, come tutti chiamavano con affetto monsignor Cioffi, fu consacrato sacerdote nel corso di una suggestiva cerimonia che si svolse proprio nella chiesa di Sant’Adiutore Vescovo che si trovava a meno di cento metri dalla sua casa paterna, in corso Napoli, nell’autunno del 1975.

Nel 2019, dopo ben 44 anni di servizio presso l’arcidiocesi di Benevento, l’arcivescovo monsignor Felice Accrocca gli chiese di farsi da parte e lasciare le due parrocchie di Cervinara.  Il sacerdote, ritenendo la richiesta del vescovo un’ingiustizia bella e buona, in un primo momento cercò di resistere.

L’estate del 2019 a Cervinara sarà ricordata proprio per questa fortissima tensione e per i tanti veleni sotto forma di lettere anonime. I fedeli raccolsero anche migliaia di firme per far desistere monsignor Accrocca da questa decisione, ma non ci fu nulla da fare. In modo spietato il presule non fece nessun passo indietro.

Alla fine, il 24 settembre del 2019, monsignor Vito Cioffi, stremato dalla polemiche, amareggiato e deluso, decise di bere l’amaro calice e lasciò la guida di San Marciano Vescovo e San Potito Martire.

Per un periodo gli fu concesso di celebrare la santa messa nella chiesa del Carmelo in piazza Trescine e di vivere nella casa canonica, accanto alla chiesa del Gesù Misericordioso.  Ma poi dovette lasciare entrambi.

E pensare che la Chiesa del Carmelo deve moltissimo al sacerdote. Probabilmente esiste ancora grazie alla sua strenua battaglia. Già giovanissimo, nel 1981, cercò di opporsi in ogni modo al parziale abbattimento, determinato dal terremoto.

Poi, per decenni ha lottato contro tutti, per evitare che quel luogo della memoria fosse estirpato dalla piazza e trasferito dove ora si trova l’aula consiliare Antonio Sacco. Riuscì ad ottenere dal comune e dalla soprintendenza la ricostruzione e per quel momento fece realizzare  delle magnifiche porte in bronzo.

Sognava anche di ridare i due campanili alla chiesa ma quel sogno non è riuscito a realizzarlo. Con grande determinazione si è battuto, anche contro la curia, per poter disporre dei soldi della confisca dei terreni della parrocchia di San Marciano.

Con parte di quei soldi è stata costruita la chiesa del Gesù Misericordioso.  Anche in quel caso, però, la curia estromise il parroco dal controllo e dovette ingaggiare nuove battaglie per ottenere che venissero corretti degli errori veramente incredibili. Come dovette battersi per ristrutturare la casa canonica e tutte le opere che ha lasciato, come le porte di bronzo alla chiesa di San Potito e le diverse campane che andava a comprare direttamente dai fratelli Marinelli ad Agnone in Molise.

Non era un prete che le mandava a dire ed era molto preparato sia sulla liturgia che sulla storia. Oggi si potrebbe definire un prete conservatore. Ma ingabbiare in confini politici chi predica il vangelo, come ci ha dimostrato la figura di Papa Francesco, è davvero qualcosa di grossolano.

Non possiamo nascondere che è stato un sacerdote discusso ma aveva un cuore grande e tantissime persone si sono approfittate, vergognosamente,  della sua estrema generosità. Con la scomparsa di don Vito, Cervinara perde un pezzo della sua storia.

Basti pensare alle persone che ha battezzato e sposato nel corso di questi oltre quaranta anni. E, basta anche ricordare le sue infuocate invettive lanciate dal pulpito senza mai aver alcun timore e senza alcuna deferenza.

Chi scrive lo ha conosciuto bene e sempre rispettato, anche se avevamo idee diverse, nel corso di tutti questi anni.  Ricordo benissimo che è stata la persona che ha raccolta la mia prima confessione alla vigilia della mia prima comunione.

Spesso non gli erano gradite le cose che riportavo e che scrivevo e, certamente, non mi faceva sconti nei giudizi. Ma non è mai sottratto ad un’intervista o ad un commento. E, quando ci incontravamo faccia a faccia abbiamo sempre avuto il modo di confrontarci in maniera civile, amichevole e di lasciarci con una stretta di mano.

Dispiaceva molto, quindi, sapere che si stava lasciando andare. Ora ci auguriamo che possa aver trovato, finalmente, la pace e che il Signore, che lui ha servito per tutti questi anni, lo accolga tra le sue braccia generose. Addio don Vito, sei stato un guerriero di Dio, ma ora puoi riporre la tua spada.

Peppino Vaccariello