Cervinara, quando votare era un gesto sacro
Cervinara. Il tempo non affievolisce i ricordi. Mentre partecipo ad una discussione su Facebook, scaturita da post del presidente della Pro Loco di Cervinara Alessandro Carofano sulla partecipazione dei giovani in politica, mi rendo conto che la mia generazione, cioè quella nata tra la metà degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta, è l’ultima a portarsi dentro certe rimembranze.
Ad esempio, i consigli comunali celebrati in un antico monastero o le operazioni di voto nel palazzo scolastico che si trovava nella Villa comunale. Entrambi spazzati via con le loro storie.
E il crollo di quelle mura sembra essersi portato via anche uno spirito del tempo con il sentire particolare di fare politica.
Una condizione uguale dappertutto, ma che a Cervinara sembra avere date di inizio ben precise.
Anche se può sembrare banale, ricordo come il voto era considerato sacro tanto da mettersi il vestito buono, non quello della Domenica ma quello delle feste, per recarsi alle urne.
Contadini semianalfabeti, come erano tutti i nostri nonni, avevano capito l’importanza di quella conquista laica e la onoravano con un fare quasi religioso.
E cercavano di trasmettere ai loro figli l’importanza di quella celebrazione. A volte si tornava anche da lontano per esserci e non disertare. E si metteva il vestito buono, si lucidavano le scarpe, si faceva la barba.
Le donne raccoglievano i capelli ed indossavano gli scialli più belli perché anche per loro era un momento importante anche se erano i loro mariti che dicevano come votare. Magari quelle coppie con il viso scavato dalla fatica erano in grado di tracciare solo una croce su un simbolo, perché a malapena e con fatica sapevano scrivere il loro nome e cognome.
Ma quella croce, il potersi recare ai seggi, per loro era un gran privilegio.
Ricordo qualcuno di quei volti: facce di gente fiera, facce di gente pulita. Erano quelli che ascoltavano il “comunicato” alla radio, erano quelli che erano tornati vivi dalla guerra, che avevano visto il sangue e la morte. Erano quelli che non avevano mai visto il mare ma erano partiti per mondi lontani per strappare dalla fame le loro famiglie. Erano quelli che volevano un mondo migliore e più giusto per i loro figli. E mettendo il vestito buono, tracciando una croce su una scheda, contribuivano anche dalla sperduta Cervinara a realizzare qualcosa di immenso: la cosa più bella e giusta che l’uomo abbia mai pensato per governarsi.
Una cosa che si chiama Democrazia che è partecipazione. Uno spirito che è quasi scomparso e neanche le elezioni comunali riesce a far ritrovare. Noi il diritto al voto lo abbiamo dalla nascita. Non abbiamo fatto fatica ad ottenerlo. Noi viaggiamo per il mondo con estrema facilità ed il vestito buono lo possiamo indossare ogni giorno. Eppure se potessimo ritrovare un briciolo di quella sacralità la politica potrebbe essere altro.
Peppino Vaccariello