Cervinara, una violenza inutile dove non ci sono vincitori ma solo vittime
Lei ha poco più di venti anni, di quaranta, di sessanta, tanto è uguale. Vede tutto nero. Di colpo. Sente le ossa spezzarsi, la pelle tumefarsi, il sangue gelarsi. Il dolore no. Non lo sente subito. Respira a fatica sotto le mani che le stringono il collo, aspettando che passi e le rimanga attaccato alla laringe quel maledetto senso di claustrofobia che le farà compagnia per tutta la vita. Se sopravvivera’. E forse no. Sopravvivere è fortuna. Lei è vostra figlia, vostra madre, vostra sorella, l’estranea. Tanto è uguale. Lui lo sta facendo per la prima volta, o l’ha già fatto, o lo farà ancora. Vede tutto nero. L’ uomo -bestia che ha dentro gli dice di colpire. E ancora. Ed ancora. Senza tregua. È più forte. Sfogare la rabbia lo fa sentire un verme ed un dio insieme. Deve sopraffare, perché …cavolo…la prossima volta non fiati, non contraddici, io sono io e non c’è replica. Poi si pentirà. Ma intanto picchia forte. Il perdono serve sempre dopo, non durante. Lui è vostro figlio, vostro padre, vostro fratello. Tanto è uguale. Entrambi aspettano pietà e condanna. O forse no. Forse se ne fregano del mondo che impreca, che augura a lui di marcire in carcere e a lei di riprendersi, dal coma fisico e da quello psichico in cui entrerà per sempre, mentre tutte diremo alle nostre ragazze di non legarsi a uomini così. Dopo la rabbia verranno gli alibi, le scusanti, le maldicenze. Sarà la minigonna, sarà la ribellione, sarà “ma le ragazze di oggi”. Sarà sempre “le donne non si toccano, però. ..” perché lo stronzo poteva essere nostro figlio. Sì, perché anche lui è la vittima. Di una menomazione normalmente considerata umana tipica di quelli che non ammettono dissenso all’autoaffermazione. Ma è una vittima che non merita comprensione né alibi, semplicemente perché non ne ha. Chiunque gliene fornirà, massacrera’ ancora una ragazza di vent’anni, di quaranta o sessanta. Finché un giorno non sarà sua figlia, sua madre, sua sorella.
Rosaria Ruggiero