Collegamenti con Napoli: triste via Crucis
“Italo” non mi ha tradita, sono arrivata in tempo; una corsetta trafilata ai binari 3-4, mi prendo la Valle Caudina, e, se tutto va bene, tra un’oretta sono a casa.
Purtroppo è Venerdì, questa caffettiera ambulante su ferro, -15° in inverno e +60° in estate, è superaffollata…Gente distratta appoggiata agli schienali, sguardi assenti, velati di sonno, parole come lame a fendere il silenzio. Conosco quasi tutti, le solite facce, le solite storie… qui dentro, qui solo Moretti sarebbe un Carneade qualunque…
Resto in piedi, la testa china all’indietro, sono stanca, non ho voglia di parlare, ma so benissimo che mi toccherà ascoltare le frivolezze e la dignità della gente, godermi i soliti scorci di ben noti paesaggi, sperare che cambi l’aria.
Comincia l’aspirante politicante, cerca di capire cosa so della chiacchierata, auspicata, caduta dell’amministrazione comunale avversaria; sono vaga, l’argomento non mi appassiona, neanche quando i toni diventano più universali, toccando i temi dei “troppi galli a cantare”, dell’ “uscita dall’Euro”, ed altri luoghi comuni.
Il giovane studente, fuori sede ed alla moda- di quelli che vogliono piacere alla gente che piace (ed infatti non capisco cosa voglia da me),- mi racconta della nota movida caudina, mi chiede perché non c’ero al party, l’altra sera; e non mi va punto di spiegargli come vivo, e di quando alle dieci di sera già sono in ciabatte e pigiama…
Il vecchio amico del nonno riattacca con il leggendario racconto del mio amato avo, staffetta degli americani sulle montagne di Durazzano…una storia antica, che conosco a memoria…
L’immancabile “socialmente impegnato” si informa sul mantenimento dell’Ufficio del Giudice di Pace a Cervinara, vuol sapere perché la gente non ha capito che trattasi di una battaglia di tutti, per mantenere l’indotto, per non isolare la Valle…
Già riascolto lo sfogo legittimo del pendolare, in merito all’odissea quotidiana cui questo treno costringe; l’emigrato felice ricorda che è duro, vivere in Valle Caudina, ed è amaro non viverci più; il cassaintegrato affamato dal datore mi chiede se l’accertamento ispettivo costringerà al pagamento del dovuto il datore affamato dalle Banche e dallo Stato.
Ed intanto mi scorrono davanti agli occhi i tronconi mozzi delle mie montagne sacrificate all’edilizia secondo logiche illogiche, i cumuli di munnezza lungo i binari, i miei tramonti caudini, gli stabilimenti industriali in disuso…sono stanca…non voglio più sentire niente…vorrei cambiasse l’aria…Perché tutti parlano, oggi? Perché questo treno, che si guasta in media tre volte a corsa, oggi fila dritto, non si allaga, non si blocca sui binari occupati dai disperati, perché non mi si avvicina un venditore di accendini e fazzolettini del Napoli, per non costringermi ad ascoltare, perché non cambia l’aria?
E poi, all’improvviso, un tonfo ed un tanfo agevolmente riconoscibili…Una persona fa notare che a qualcuno è scappato un peto; gli altri sorridono a labbra serrate; tutti sanno chi è, in questi casi, il primo a parlare…Poi, finalmente, silenzio…
Alle volte bisogna stare attenti a chiedere “aria”; ve lo giuro, non era questo il tipo di aria che volevo…
Rosaria Ruggiero