Comunione ai divorziati: un Sinodo lontano dalla realtà e dalla misericordia
Il Sinodo sulla famiglia si è concluso domenica scorsa e Papa Francesco lo ha salutato come foriero “di grandi frutti”.
La “riunione” dei Vescovi e di alcuni laici provenienti da tutti il mondo è stata convocata dal Santo Padre a discutere di famiglia, intesa nella più moderna accezione.
Alla fine, soprattutto per l’attenzione dei media, tutto si è concentrato su due temi: il matrimonio omosessuale e la comunione ai divorziati risposati.
Intorno ad esso, poi, è stato un fiorire di teorie, cronache politiche, complotti e colpi di scena. Nulla di nuovo. Chi è avvezzo alla storia della Chiesa sa che, in passato, le cose sono pure andate peggio.
Nell’era del villaggio globale due punto zero, però, tutto è stato sapientemente amplificato da tv, social e giornali.
I risultati del Sinodo sono stati piuttosto deludenti.
Sul caso degli omossessuali, infatti, è calato un silenzio sordo come se dalla società contemporanea fosse stato rimosso un fenomeno sempre più presente.
Sui divorziati risposati, invece, si è deciso di non decidere.
Sarà il prete confessore a scegliere, caso per caso, se concedere l’assoluzione o la Comunione in base al fedele che ha dinanzi. Nulla di nuovo.
Anche oggi è cosi. Quando ci si appresta al sacramento della Penitenza è chiaro a tutti che l’assoluzione dipende solo dal sacerdote illuminato, in quel momento, dallo Spirito Santo.
Guardare i divorziati come fratelli o sorelle “diverse” significa metterli sotto i riflettori come “più peccatori degli altri”. Eppure dal catechismo tutti sanno che i peccati sono uguali (tranne alcuni più gravi degli altri).
Non è forse un grave peccatore chi tradisce, chi uccide, chi testimonia il falso al danno del fratello, chi non ama il prossimo come se stesso, chi desidera la roba degli altri, chi desidera la donna degli altri. E per questi peccatori non è forse prevista l’assoluzione in cambio di pentimento sincero? Allora perché non fare cosi anche per i divorziati? Se davanti ai loro peccati si pentono, perché continuare a marchiarli come “diversi” dagli altri fratelli?
La durezza nei confronti di questi fedeli è particolarmente evidente se vista davanti ad altri tipi di peccati. Anche chi abortisce, ad esempio, può essere assolto dal Vescovo e quindi accedere all’Eucarestia.
Perché non i divorziati?
Ancora una volta la Chiesa sinodale (la cui conclusioni sono solo “suggerimenti” per il Papa e non obbligo) dimostra di essere lontana dalla vita reale.
Risulta particolarmente stridente, poi, l’esultanza delle frange conservatrici all’interno di Santa Madre Chiesa. Come se il fratello maggiore del Figliol Prodigo continuasse a provare rancore nei confronti del Padre buono per aver riaccolto quel figlio che prima era perso e poi si è ritrovato.
Ecco, la Chiesa dovrebbe fare proprio come quel Padre: accogliere a braccia aperte tutti coloro che tornano nel suo recinto.
Angelo Vaccariello
@angelismi