Coronavirus: gli abbracci che ci mancano
Le dita che si sfiorano appena, le strette di mano, le carezze, gli abbracci, i baci sono tutti gesti che accompagnano la nostra quotidianità da sempre. Si tratta delle mani che da un paio di settimane tutti abbiamo scoperto nuovamente di possedere non solo per poter digitare un messaggino, ma anche per poter stringere, semplicemente, quella di un bambino.
Questa scoperta inaspettata giunge, però, nel momento sbagliato, nel momento in cui una stretta di mano potrebbe causare un contagio, trasmettere una malattia e portare alla morte qualcuno. Se fino a ieri ci trinceravamo dietro gli schermi dei nostri telefonini, oggi vogliamo affacciarci dai nostri balconi per avere la certezza che gli altri esistano non solo in modo virtuale.
Gli strumenti tecnologici che ci permettono di annullare qualsiasi distanza spazio-temporale, nelle ultime settimane sottolineano soltanto la distanza che intercorre tra noi e gli altri. Ci perdiamo lo sguardo divertito di chi ci manda un meme divertente; le lacrime di chi ci dice che gli manchiamo; il volto assonato di chi ci augura la buonanotte; la mano sulla spalla di chi comprende la nostra situazione.
Ma questa comunicazione telematica non può essere fatta solo di mancanze, infatti, è proprio grazie a essa che i pazienti affetti da Covid-19 e ricoverati nelle terapie intensive possono connettersi con i propri cari senza avere paura.
È lo schermo che li connette a ergersi come protezione della loro vita e di quella dei loro cari. Dobbiamo, quindi, ritenerci fortunati a poter portare avanti le nostre relazioni anche se a distanza, di poter salutare i nostri nonni senza fargli rischiare la vita.
Tuttavia, questa rete tecnologica di relazioni non può e non deve sostituirsi alle relazioni reali, a quelle fatte di carne e ossa, di mani che si stringono e si cercano. Il nostro primo ministro Giuseppe Conte continua a ribadire che, quando tutto questo sarà finito, torneremo ad abbracciarci e ha ragione.
Quando tutto questo sarà finito potremo ritornare a sentire davvero le persone che ci circondano e probabilmente le vivremo in maniera molto più consapevole. Smetteremo di nasconderci dietro lo schermo dei nostri smartphone e useremo le nostre mani per sentirci più vicini a chi ci parla, perché adesso sappiamo che cosa vuol dire perdere concretezza nella realtà, ritrovarsi a essere solo una scritta in una chat o una figura pixellata su uno schermo.
Olga De Lucia