Coronavirus: ora sono le donne ad essere più colpite dal virus, il 51% dei contagiati

Redazione
Coronavirus: ora sono le donne ad essere più colpite dal virus, il 51% dei contagiati

Se si guarda il sesso delle persone contagiate, la storia dell’ epidemia di coronavirus si è ribaltata all’ inizio di aprile. Prima i maschi erano i più colpiti, con 59 mila casi rappresentavano infatti il 54% dei positivi. In una ventina di giorni di questo mese, secondo l’ Istituto superiore di sanità, c’ è stata una netta prevalenza di donne, che ora sono il 51,4% delle persone colpite inizio dell’ epidemia.

Il tutto, mentre la mortalità resta ampiamente sbilanciata dalla parte degli uomini, tra i quali c’ è stato il 63,3% dei decessi. Del resto, è stato chiaro fin da subito come il coronavirus provocasse danni maggiori ai maschi. Stiamo studiando il motivo di questo “shift” tra i contagiati», spiega Gianni Rezza delle Malattie infettive dell’ Istituto superiore di sanità. «Intanto però partiamo dal fatto che tra i colpiti ci siano molti lavoratori sanitari, categorie con maggiore presenza femminile, e ospiti delle Rsa, dove ci sono più donne che uomini».

In effetti dei quasi 20 mila operatori sanitari contagiati fino ad ora, i maschi rappresentano poco più del 31%. Proprio l’ Istituto ieri ha presentato uno studio sui luoghi dove si è diffusa la malattia ad aprile. Si tratta di un lavoro interessante perché spiega come mai anche molte settimane dopo il lockdown, che risale al 9 marzo, le persone abbiano continuato ad ammalarsi.

Visto che l’incubazione della malattia dura 14 giorni al massimo, molti si aspettavano, infatti, di osservare una discesa della curva epidemica anche prima di aprile. Il punto è che il coronavirus ha circolato nei domicili delle persone. Cioè nelle Rsa, le residenze dove vivono migliaia di anziani, e tra le famiglie.

Lo studio, che valuta un campione di casi ed è stato illustrato dal presidente dell’ istituto Silvio Brusaferro ha chiarito che tra l’ 1 e il 23 aprile il 44,1% delle infezioni si sono verificate appunto nelle Rsa, il 24,7% in ambito familiare, il 10,8% negli ospedali e negli ambulatori, il 4,2% sul luogo di lavoro e il resto altrove. Come ormai chiaro, e ora dimostrato da questo lavoro, nella seconda fase dell’ epidemia, dopo la chiusura, c’ è stata un’ esplosione dei casi nelle Rsa. Più difficile indagare l’ inizio della diffusione del coronavirus in Italia. Il paziente 1, quello dell’ uomo di Codogno, è stato scoperto il 21 febbraio ma Gianni Rezza spiega che ormai si è certi che il virus partito dalla Cina sia arrivato da noi a gennaio. «Non sappiamo bene ma possiamo dire che circolava da almeno un mese prima. Ha provocato quindi centinaia di casi senza che ce ne accorgessimo, tutti al Nord».

Se la curva epidemica va meglio, avvertono dall’ Istituto, non bisogna abbassare la guardia rispetto alle misure perché nel giro di due settimane la curva può risalire. E del resto ci sono ancora aree in difficoltà. Brusaferro ha parlato di 106 comuni in 9 regioni che sono già stati o saranno dichiarati “zona rossa” e quindi chiusi.