Cronaca, Pagnozzi, in aula a Napoli: “Facevo il contrabbandiere perché lo Stato me lo consentiva”
Stamattina, innanzi al Tribunale di Napoli – VII sezione penale – si è svolto il processo di usura che vede imputato Gennaro Pagnozzi, elemento apicale della criminalità campana già a far data dagli anni ’70, capo dell’omonimo clan operante a cavallo delle province di Avellino, Benevento e Caserta, con propaggini in Napoli (zona S. Giovanni a Teduccio), capostipite dei Pagnozzi, padre di Domenico, ‘o professore, ritenuto il vertice della cupola romana di Camorra Capitale.
Il Tribunale, dopo aver terminato l’esame dei testi della pubblica accusa, ha chiesto agli imputati presenti in aula chi di loro volesse sottoporsi ad esame.
E così, si leva in piedi dal banco degli imputati Gennaro Pagnozzi, il boss più longevo della Campania.
Abito dai colori autunnali, voce roca e camminata decisa.
Si avvicina al Tribunale, con la riverenza di chi è avvezzo a quelle aule, e riferisce di volersi sottoporre alle domande che il pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia intende rivolgergli.
Anche in questa occasione è assistito dall’avvocato Dario Vannetiello del foro di Napoli, che dagli anni ’90 segue le sue vicende giudiziarie, all’esito delle quali – nonostante oltre mezzo secolo di attività camorristica-, ha scontato solo undici anni di carcere.
Lungo l’esame innanzi al Tribunale “napoletano” per poter chiarire la sua posizione in relazione a ben tredici episodi di usura, consumati tra l’aprile 2011 ed il dicembre 2012 nella città di Napoli, allorquando il boss era detenuto ai domiciliari.
Anche il Presidente del Tribunale, dott. ssa Rosa Romano, ha chiesto chiarimenti in ordine a numerose intercettazioni dal contenuto ritenuto dall’accusa compromettente.
Alla legittima domanda da dove aveva ricavato i soldi che aveva girato al fratello , il quale a sua volta li avrebbe prestati ad usura, il boss ha riferito al Tribunale di aver accumulato riserve di danaro grazie alla pratica del contrabbando nel ventennio tra l’inizio degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90.
Ma la frase scioccante è arrivata allorquando, con molta disinvoltura, Pagnozzi ha affermato che il contrabbando lo praticava “perchè lo Stato glielo permetteva”.
Terminata l’udienza, il Tribunale ha rinviato al prossimo 03 novembre, data in cui sono previste la requisitoria del P.M. e le arringhe dei difensori.
Finora l’impianto accusatorio ha retto in quanto le ordinanze di custodia cautelare furono confermate dal Tribunale del riesame, seppur, successivamente, il pluripregiudicato Pagnozzi , in accoglimento dell’istanza difensiva, ha ottenuto gli arresti domiciliari.