Economia del deinfluencing e nuovo consumismo etico
Scopri come l’anticonsumismo è diventato una strategia di profitto. Analizza l’economia del deinfluencing e i nuovi valori dei consumatori – leggi ora

L’economia del “deinfluencing”: come l’anti consumismo è diventato fonte di profitto
Una delle più grandi forze del capitalismo è quella di riuscire a trasformare anche le critiche in una fonte di profitto. Anche nel caso del “deinfluencing” sta avvenendo la stessa cosa: l’anticonsumismo sta in realtà alimentando un nuovo ciclo di consumismo. Non si tratta di criticare le scelte oppure l’integrità delle persone che propongono o favoriscono il deinfluencing. Parliamo di un fenomeno economico e sociale molto interessante che scaturisce dall’atteggiamento e dalle scelte aggregate di tante persone.
Uno di quei fenomeni che spesso interessa anche il settore del gioco d’azzardo, con la proliferazione di piattaforme online come Verde Casino. Ma procediamo con ordine e iniziamo dalla definizione di deinfluencing, perché non tutti sanno esattamente di cosa si parla.
Definizione di deinfluencing
Il deinfluencing è un movimento nato sui social media che suggerisce alle persone di comprare meno, consumare meno e in generale di comprare e scegliere in base ai propri gusti e senza farsi influenzare dalle pubblicità che invitano a comprare sempre di più. Nasce in contrasto alla moda degli influencer che cercano di vendere prodotti sui social. Tante persone, infatti, approfittano della loro visibilità per farsi pagare da marchi e prodotti che vogliono pubblicizzarsi sui canali social. Soprattutto per quanto riguarda i giovani ,i social sono ormai la principale fonte di informazione e intrattenimento e pertanto lo spazio pubblicitario su queste piattaforme ha un valore altissimo.
Le origini del movimento
Come abbiamo anticipato, il deinfluencing nasce sui social media, in particolare su Instagram e tiktok. La sua popolarità è dovuta all’utilizzo degli hashtag come ad esempio #deinfluencing. Sempre più persone utilizzano questo hashtag aumentandone ancora di più la diffusione. Gli influencer sulle piattaforme social sono arrivati a un tale successo promuovendo dei comportamenti di acquisto meno consumistici, con un occhio particolare allo spreco e denunciando i prodotti con una vita breve.
In questo modo hanno dato voce a un sentimento molto diffuso nella popolazione, affaticata da un continuo inseguire l’ultima moda, dalla tecnologia che sorpassa ogni anno quelle precedenti, e dall’acquisto continuo di oggetti che si rivelano inefficienti dopo poco tempo.
Da critica al consumismo a nuovo consumismo?
In una situazione quasi paradossale, l’effetto della popolarizzazione del deinfluencing sui social ha portato a una nuova ondata di consumismo. Gli influencer con molti seguaci hanno sfruttato il loro successo per monetizzare nuovi prodotti e nuove offerte. Magari in modo autentico e onesto i prodotti selezionati sono davvero meno inquinanti o meno pensati per il consumismo ma il risultato è comunque molto simile a quello degli influencer precedenti. I marchi più famosi e quelli che investono molto sulla pubblicità nei social media pagano nuovi influencer per parlare dei loro prodotti positivamente. I prodotti vengono venduti come etici oppure come sostenibili e necessari per il miglioramento della società nel suo complesso.
L’utilizzo del deinfluencing nella pubblicità
I brand interessati a vendere i loro prodotti hanno velocemente approfittato di questa nuova tendenza per cercare di conquistare una nuova fetta di mercato. L’anticonsumismo è diventato il modo migliore per vendere nuovi prodotti e viene quasi sempre introdotto nelle strategie di marketing più recenti. Gli slogan pubblicitari insistono sempre di più sul valore etico della scelta dei prodotti e vendono grazie a una presunta lotta al consumismo.
Grazie anche all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, del machine learning, e dallo studio delle abitudini e alla profilazione dei consumatori, i brand sono in grado di sfruttare ogni cambiamento nei gusti e nelle preferenze dei consumatori a proprio favore.
I nuovi consumatori
I cambiamenti in atto nel settore della pubblicità e delle vendite sono correlati a un cambiamento dei consumatori. Non è possibile uscire da questa logica del mercato che vede le persone come consumatori di prodotti che possono generare profitto ai produttori. Ma i nuovi consumatori sono diversi da quelli di qualche anno fa. Il deinfluencing sta modificando profondamente le propensioni delle persone che scelgono cosa acquistare in modo diverso, facendo considerazioni diverse. I valori che i consumatori cercano ormai quasi sempre quando fanno un qualsiasi acquisto sono principalmente tre:
- Sostenibilità: le persone sono sempre più sensibili al tema della sostenibilità ambientale e quindi sono contrarie agli sprechi inutili, ai possibili danni ambientali derivanti dalla produzione e dal trasporto delle merci, e all’inquinamento dovuto all’utilizzo di determinati prodotti o di determinate sostanze
- Autenticità: il deinfluencing ha portato molti a cercare l’autenticità dei prodotti, ovvero prodotti naturali o comunque poco processati se parliamo di cibo, ma anche in senso più generale
- Trasparenza: le pubblicità erano spesso fuorvianti e nessuno è più disposto ad accettare sponsorizzazioni fuorvianti oppure filiere poco trasparenti. La trasparenza si collega anche a valori etici come quelli della lotta allo sfruttamento minorile o del nuovo colonialismo
Come possiamo osservare, questi tre valori discendono da un’ottica anticonsumistica che cerca di minimizzare gli sprechi, gli sfruttamenti e l’inquinamento.
Deinfluencing e nuovo mercato
Il deinfluencing è quindi una cosa negativa? Si è trasformato in un’altra strategia consumistica sfruttata dai produttori per vendere di più? Anche se ci sono ricadute negative, il deinfluencing non va criticato nella sua interezza perché ha portato a trasformare la coscienza dei consumatori. Anche se non è in grado di contrastare e azzerare, il consumismo può portare a un consumo più equilibrato e consapevole. Forse un consumo davvero contrario al consumismo non esiste e non può esistere perché altrimenti il mercato collasserebbe.
Dunque un approccio equilibrato sembra la strategia migliore per cercare di salvaguardare tutti gli interessi in gioco: quelli dei consumatori, quelli dei produttori, ma anche di tutti gli attori che direttamente o indirettamente sono coinvolti nel mercato, come ad esempio i lavoratori che operano nelle varie filiere. Infine, per non dimenticare, il consumismo deve anche tenere conto dell’ambiente naturale in senso ampio, includendo la flora e la fauna e le risorse che ci permettono di vivere, produrre e consumare sul nostro pianeta.