Errico Madonna: il rientro in una Cervinara totalmente cambiata
Non se lo era immaginato così il ritorno in paese. Mancava da dieci anni da quando, in fretta e furia la mattina del 17 giugno del 1983, era fuggito perchè raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare.
Quella mattina di inizio estate 856 persone furono arrestate, la maggior parte delle quali legate alla Nuova Camorra Organizzata. Purtroppo furono coinvolti anche degli innocenti, come Enzo Tortora.
Errico Madonna, che aveva conosciuto Raffaele Cutolo in carcere, riuscì a fuggire.
Si dice che per la latitanza vendette un terreno in via dei Monti e la trattativa fu completata nello spazio di una notte pur di avere denaro in contante per poter scappare.
Dopo quattro anni passati a fuggire prima a Londra e poi a New York; dopo altri sei trascorsi in carcere ad Albany e poi in Italia; dopo essere sfuggito ad almeno due tentativi di omicidio, ad agosto del 1993 fu liberato.
Era ancora sorvegliato speciale, aveva moglie e due figlie a Napoli. Ma aveva deciso di tornare a Cervinara.
Temeva per la sua incolumità; sapeva che l’ordine di fargli la pelle in galera era partito dall’alto e non voleva che fossero coinvolti i suoi cari.
Girava a piedi per il paese ed era irriconoscibile. Il giovane spavaldo, che metteva in bella vista la pistola quando giocava con maestria a biliardo, aveva lasciato il posto ad un uomo stanco e sospettoso che si guardava le spalle.
Non aveva perso la sua aggressività, condita da un pizzico di cattiveria.
A Cervinara la gente lo evitava. Del resto era stata sempre una persona pericolosa, non aveva disdegnato di minacciare qualcuno con la pistola in pugno quando era stato necessario. Ed ora, per tanti era solo un cadavere che camminava.
Si respirava una stranissima atmosfera in quei giorni a Cervinara. Tutti erano certi che, prima o poi, sarebbe successo qualcosa. Forse lui, camminando dal Trescine e sino a via Roma vedendo che la gente lo salutava in modo fuggente, ripensava a chi era stato e alle cose che sapeva.
Aveva bisogno di soldi e li chiese a modo suo: minacciando. Quelle persone a cui aveva cercato di imporsi, lo risposero a muso duro, pronte ad affrontarlo.
Cosa inaudita sino a quando era stato il “consigliori” di Raffaele Cutolo: molto, però, era cambiato anche nel suo paese dove pensava che poteva mantenere l’assoluta sovranità.
Forse quelle persone a cui aveva chiesto il “pizzo” a modo suo, non potendo contare su accoliti che lo appoggiassero si erano lamentate da chi li proteggeva.
Del resto, l’uscita di una persona del calibro di Errico Madonna, la sua presenza a Cervinara, il tentativo un po’ goffo e maldestro di conquistare il predominio criminale, non potevano di certo sfuggire a chi controllava la zona.
Persone che, per restare in sella, si erano dovuti per forza alleare con gli avversari di Cutolo: gli stessi che avevano cercato di fargli la pelle in carcere.
Ed allora doveva guardarsi le spalle, mescolarsi con la gente per non incappare in un agguato, sperando che chi lo volesse morto, avrebbe cercato di evitare una strage.
Sapeva di non doversi guardare solo dalla camorra, ma anche da gente ancora più spietata. Proprio per questo si era recato a Napoli, nella redazione del Mattino, rendendo una intervista che sarebbe uscita domenica 3 ottobre.
Voleva mandare un messaggio: avvisare che sapeva tante cose, che, volendo, avrebbe potuto mettere in piazza tanti misteri. Del resto non era la prima volta che aveva avuto a che fare con il mondo della stampa: aveva avuto rapporti con il grande Joe Marrazzo e conosceva tanti giornalisti. Per un falso dossier sul rapimento Cirillo, pubblicato dall’Unità che era costato il posto al direttore Petruccioli, era stato anche processato ma tutto quel mondo era finito.
Dopo quell’intervista, visse solo ancora altri tre giorni ma, probabilmente, sarebbe dovuto morire già il lunedì successivo. Quel giorno cambiò itinerario, invece, di recarsi in via Roma, si diresse a piedi a Ferrari. (Continua)
Peppino Vaccariello