Eventi comunitari che plasmano l’identità locale nella società della Valle Caudina
Valle Caudina. Un fazzoletto di terra che corre per sedici chilometri, incastonato fra Irpinia e Sannio. Anche se le linee amministrative cercano di definirla, magari persino di dividerla, da queste parti l’appartenenza si è alimentata negli anni più da incontri che da confini. In quattordici comuni, un po’ oltre 80.000 abitanti, a quanto dice l’ISTAT nel 2023, la cultura assume un ruolo che spesso altrove resta in ombra. Qui, invece, sembra proprio la spina dorsale, non un semplice ornamento.
Le stagioni passano lasciando il segno, tra iniziative che tendono fili invisibili: sfilate, maratone creative che scivolano dall’Acquedotto Carolino ai piccoli borghi, camminate tra ponti e cortili di palazzi storici. Da quanto pare, dal 2017 il numero di partecipanti va su, almeno secondo le stime: si parla di un 14% in più, anno dopo anno. Forse non è solo questione di riempire i fine settimana: ciò che resta, da queste occasioni, spesso va ben oltre la soddisfazione di chi le organizza. C’è piuttosto un senso di traccia, qualcosa che rimane, silenziosamente, a scolpire come viene percepita l’identità di questo posto.
La macchina organizzativa: una governance corale
Collettivo. Ecco, se si dovesse scegliere una parola che torna di continuo, sarebbe questa. Le iniziative non spuntano dal nulla, ci vuole una struttura sottostante che a volte fatica persino a definirsi. Novanta associazioni, forse anche di più, presidiano il Comitato Civico; oltre cinquanta realtà pubbliche e private sono parte stabile del gioco, almeno secondo chi segue la scena da vicino. Per esempio, nelle riunioni di Opulentia ci si trova attorno a un tavolo: ci sono tecnici, operatori sociali, CAI, agricoltori, ragazzi delle superiori.
A volte sembra una mano di poker, in cui ciascuno porta le proprie carte, competenze, esigenze, limiti, e si prova a comporle senza perdere il senso del collettivo. Il calendario prende forma in modo non sempre lineare, ore di ascolto, tentativi di mediare, un po’ di fatica a incastrare esigenze che a volte coincidono, a volte si scontrano. Emerge comunque la tendenza a dare attenzione a luoghi dimenticati, a inserire formati inediti accanto a quelli “storici”, a coinvolgere davvero tutte le fasce d’età. Non si tratta soltanto di gestire cartelloni: l’obiettivo, almeno in teoria, sembra quello di sperimentare una pratica comunitaria autentica.
Valle Caudina sembra prestarsi a questa funzione-laboratorio: esperienze che, gradualmente, smettono di essere semplici rassegne e diventano una sorta di cantiere civile. La costruzione del programma, poi, non resta chiusa negli uffici: si parla, ci si vede in assemblee di quartiere, qualcuno preferisce le piazze, e le tavole rotonde non mancano mai. Insomma, la parola “governance” qui probabilmente significa aprire canali nuovi, più che dettare istruzioni dall’alto.
Innovazione e tradizione negli appuntamenti cardine
Fra il passato e il presente, c’è poco da scegliere: spesso si mescolano. Basta guardare a Opulentia, ormai arrivata alla sesta edizione, che promette nuovo fermento non solo a Cervinara, ma anche ad Airola, Montesarchio, e altri angoli forse meno chiacchierati. Un programma vario, dal teatro per bambini alle letture pubbliche (chi si ferma solo ai concerti rischia di perdersi il meglio). Durante MaratonArt, invece, tutta l’attenzione si sposta lungo l’Acquedotto Carolino: le performance qui non sono solo spettacolo, ma sembrano quasi un pretesto per riscoprire i monumenti UNESCO.
E sempre più spesso, tra i giovani, si inseriscono momenti aggregativi che avvicinano la dimensione online alle interazioni faccia a faccia, in un mix dove il poker e i giochi di carte tradizionali diventano pretesto per esperienze collettive, sia nelle piazze sia attraverso gruppi privati sul web. Le iniziative più affollate portano visitatori da tutta la Campania, questo sì, ma c’è chi osserva che la sfida vera sia quella di non lasciare queste esperienze sospese nel tempo. Pare che l’obiettivo sia invece conservarle, renderle parte di una memoria condivisa, un mosaico in aggiornamento. Nessuna festa, dunque, si esaurisce sul posto; è quasi inevitabile che ogni ritrovo lasci indietro qualcosa, un segno di riconoscimento dentro la comunità.
Identità giovanile e trasmissione di saperi
Non è solo presenza simbolica, quella dei giovani. Anzi, si direbbe che in molte occasioni siano loro a dare concretezza all’impegno civile. Pensiamo a ciò che succede durante gli eventi FAI: studenti (da Sant’Agata de’ Goti, Moiano, Airola…) diventano guide, assumono ruoli da veri protagonisti. Dal 2022 sono almeno in 250 a partecipare ogni anno, e non restano certo a guardare: quel passaggio da spettatori a narratori, e portavoce, quasi, sembra una delle trasformazioni più evidenti.
I numeri delle visite, delle attività nei laboratori di comunità, almeno secondo il dossier “Valle Caudina Capitale della Cultura 2023,” sono un po’ in crescita, anche sopra il 20% di aumento a tappa, dicono. Al tempo stesso, gruppi come il CAI spingono verso nuove narrazioni del paesaggio: le passeggiate si arricchiscono, diventano occasione per ascoltare storie di famiglia, per riscoprire legami a volte persi. Succede allora che chi ha partecipato si senta in dovere, o forse solo tentato, di coinvolgere amici, parenti, anche quei conoscenti che magari mai avrebbero messo piede in una chiesa romanica o visitato un vecchio opificio. Così, la memoria di gruppo riceve nuova linfa, senza scivolare nella retorica: si rinnova sottovoce, grazie agli incontri veri.
Un territorio in trasformazione tra passato e futuro
Organizzare eventi qui significa dover ragionare su orizzonti diversi, potrebbe essere il piccolo gruppo che inventa una processione a tema, oppure il territorio che si propone come Capitale Italiana della Cultura. Per quanto riguarda i progetti a venire, il triennio 2025-2027 sembra già impostato lungo quattro direttrici: innovazione nel settore agroalimentare, coesione sociale, apertura alle reti europee, e tutto il tema del digitale unito all’ecologia. Gli spunti non cadono dall’alto, almeno per quel che si circola nei gruppi locali: spesso nascono da esigenze raccolte nelle assemblee, dalle conversazioni informali, a volte persino da piccoli malcontenti.
E poi, sì, i dati raccolti parlano di un aumento sia nel numero di eventi sia nei visitatori, e si nota, almeno a uno sguardo un po’ attento, un effetto domino nei partenariati locali. Ogni manifestazione, forse, è anche una palestra politico-sociale, oltre che un luogo in cui si restituisce qualcosa all’identità collettiva. Gran parte di questo “progetto Valle Caudina” consiste nell’azzardare: sperimentare la città diffusa, evitare divisioni municipali, provare a mettere davvero al centro la collaborazione. Forse l’identità, qui, non si annuncia a parole: più spesso, si impara vivendo.