Grave crisi per il commercio ambulante e per i mercati tradizionali
In 11 anni si contano 42mila impree in meno
Grave crisi per il commercio ambulante e per i mercati tradizionali. I mercati ambulanti, luoghi autentici dove si respirano gusti, profumi e tradizioni locali, stanno progressivamente scomparendo dal tessuto economico e sociale del Paese.
Dal 2014 ad oggi si contano oltre 42.000 imprese ambulanti in meno, una contrazione che equivale a circa 4,5 miliardi di euro di fatturato perso e a un’impresa su cinque che ha cessato l’attività. È l’allarme lanciato dalla Confederazione Imprese Italia, che chiede con forza un intervento strutturale a tutela di un comparto storico, vitale per l’economia diffusa e per la socialità dei centri urbani.
I mercati – da Porta Palazzo a Torino, mercato di Rho (MI), a Campo de’ Fiori a Roma, fino a Ballarò a Palermo – rappresentano da secoli il cuore pulsante delle città italiane, luoghi di incontro, di scambio culturale e di economia reale.
Tuttavia, negli ultimi dieci anni la perdita di presenze e investimenti sta mettendo in ginocchio il settore.
Il calo più forte si registra nel comparto abbigliamento, tessuti e calzature (-55%), ma anche il settore alimentare non è immune, con una diminuzione del 18% degli operatori.
L’emorragia è particolarmente accentuata nel Nord-Est (-32,8%) e nel Centro Italia (-27,3%), mentre il Sud registra un calo più contenuto ma comunque preoccupante (-15,9%).
Tra le regioni, spicca il crollo delle Marche (-54,5%). A rendere ancora più evidente la crisi, è il crollo del valore delle licenze (-60%), chiaro indicatore della perdita di fiducia e attrattività del comparto.
Il Presidente nazionale di Confederazione Imprese Italia, Biagio Cefalo, sottolinea:
“I mercati ambulanti sono parte dell’identità economica e culturale italiana. Non parliamo solo di commercio, ma di relazioni sociali, di microimprese familiari che per generazioni hanno animato le nostre piazze. La perdita di 42.000 operatori è un campanello d’allarme che non possiamo ignorare.
Serve una strategia nazionale per sostenere chi vuole investire, innovare e restare competitivo. Il settore va riconosciuto come patrimonio economico da preservare, non come un retaggio del passato.”
Il Segretario Generale, Dott. Carlos Antonio Sorrentino, evidenzia invece la necessità di una visione moderna e concreta:
“Il problema non è solo la concorrenza della grande distribuzione, ma l’assenza di politiche di sostegno e di ricambio generazionale. Gli ambulanti oggi sono schiacciati da costi crescenti, burocrazia, incertezza normativa e scarsa tutela.
Si parla di rilancio del commercio locale, ma per gli ambulanti ci sono state tante promesse e zero fatti. Occorre un piano d’investimenti, incentivi per l’innovazione digitale, semplificazione amministrativa e un serio programma di formazione per i giovani. Solo così potremo salvare un pezzo importante dell’Italia produttiva.”
La Confederazione Imprese Italia ribadisce l’urgenza di aprire un tavolo permanente con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e con la Conferenza Stato-Regioni per affrontare la crisi del commercio ambulante, definendo interventi concreti a sostegno delle microimprese, del turnover generazionale e della rigenerazione dei mercati storici urbani.
I mercati italiani non sono solo luoghi di vendita: sono una parte viva dell’identità del Paese. Lasciarli morire significherebbe rinunciare a un modello economico fatto di autenticità, prossimità e relazione umana — valori che oggi, più che mai, rappresentano la vera forza del Made in Italy.