La Cervinara migliore che non si fece soffocare dal fango

26 anni fa la tragedia di Joffredo

Redazione
La Cervinara migliore che non si fece soffocare dal fango

La Cervinara migliore che non si fece soffocare dal fango. Non erano ancora le 5 e 30 del mattino quando varcai la soglia del comune in piazza Trescine.  Avevo fatto a piedi la strada da casa mia sino al municipio sotto una pioggia finissima che sembrava dovesse trasformarsi in neve da un momento all’altro.

Mio fratello Angelo, in piena notte, era stato allertato dalla Misericordia per portare i primi aiuti a Joffredo. Dopo poco mi chiamò per informarmi che era peggio di Quindici, dove entrambi eravamo stati nel maggio del 1998.

Dopo quella telefonata capì che era necessario muoversi. Mi ricordo che continuavo a guardare il cellulare. Internet non c’era ma sapevo che era fondamentale avere la linea per comunicare e, grazie a Dio, la linea c’era. Lo sapevo perchè avevo già raccontato la tragedia di Quindici e Sarno. 

Al secondo piano, nell’ufficio del sindaco, trovai il commissario prefettizio Salvatore Palma. Aveva giacca e cravatta, come al solito, ma calzava dei pesanti stivaloni. Era attaccato ai telefoni, cellulare e fisso, per coordinare i primi soccorsi.

Tra una telefonata e l’altra mi feci spiegare cosa stesse succedendo. Mentre parlavamo, un impiegato catturò la nostra attenzione perché un’ondata di fango nerissima era arrivata anche in piazza Trescine. Tutti pensammo, senza parlare, che se tanto fango stava arrivando anche a valle, la situazione nelle frazioni alte doveva essere davvero preoccupante. E poi corsi in televisione per iniziare una diretta che durò tre giorni.

Era il 16 dicembre del 1999, l’alba di un giorno che Cervinara non potrà mai dimenticare. Joffredo fu spazzata via e cinque persone persero la vita.

Morirono nel sonno, si spera, gli anziani coniugi Mascia, Luigina Befi e Michelangelo.
Videro invece l’orrore Giuseppe e Luigi Affinita, padre e figlio, che dopo aver portato in salvo la famiglia a valle, tornarono su per mettere al sicuro qualche masserizia, perdendo la cosa più importante, la vita.
L’orrore lo vide anche Liliana Marro, che fu trascinata via dal fiume di fango sotto gli occhi del marito che nulla riuscì a fare per metterla in salvo.

La malanotte di Cervinara fece contare cinque morti, ma potevano essere molti di più, se i Vigili del fuoco non avessero dato l’allarme, buttando tutti giù dal letto.

Un allarme che arrivò, solo qualche minuto prima che la montagna franasse e trascinasse a valle una storia centenaria e cinque vite umane Il secolo ed il millennio terminarono, scrivendo una delle pagine più drammatiche della storia del paese.

Due i momenti drammatici che non dimenticherò mai. Intorno alle dieci del mattino le persone disperse erano 67, un numero enorme.  Lessi in diretta l’elenco di tutti loro, che mi fornì l’inviato de Il Mattino, Aldo Balestra, con gli occhi pieni di lacrime.  Poi, grazie a Dio, proprio con l’aiuto dei telefonini, le persone che si erano allontanate comunicarono la loro posizione mentre  la televisione riceveva e diffondeva. Alle undici, un altro colpo al cuore, perché fu decretato lo sgombero parziale di Cervinara. Ma anche quell’allarme, con il passare delle ore, fu ridimensionato.

 Eppure in quelle ore drammatiche, in quelle ore nere,  mentre sembrava tutto perduto, vidi’ rinascere la speranza. Tante persone, tra loro, probabilmente, tutti i giovani del paese,  a piedi, raggiunsero le zone colpite e cominciarono a scavare nel fango. Altri provvedevano ai generi di prima necessità, altri ancora si presero cura dei bambini. L’alba peggiore della nostra storia ci aveva fatto riscoprire i concetti di umanità e solidarietà.

Il fango era diventato duro come la pietra, tante famiglie erano state fatte evacuare mentre il freddo di dicembre mordeva forte. I corpi dei morti non erano stati ancora ritrovati e del futuro sapevamo poco o nulla, ma, nel cuore di cronista, è rimasta una Cervinara mai così bella e così viva, pronta a ritrovare la forza per andare avanti, pronta a rimettersi in piedi. La Cervinara migliore che non si fece soffocare dal fango.

Peppino Vaccariello