La Valle Caudina terra di pastura elettorale e di “parzonali” stupidi e servili
di Gianni Raviele
Mesi addietro, con un articolo su questo benemerito periodico, sostenuto dal consenso dei dirigenti più importanti dell’associazione che dà vita al mensile, scrissi un articolo sul recupero di Caudio, la storica città che è la nostra culla e lo stigma della nostra terra.
Avevo parlato, prima della stesura del pezzo, con molti sindaci della Valle e avevo avuto il loro assenso a sostenere l’iniziativa talché il titolo del pezzo Ignavi e nullisti sembrò forte e quasi ingiusto. Debbo ricredermi. Sono passati mesi, i paesi si sono parzialmente ripopolati, si sono organizzate parvenze di aggregazioni ma, al tirar delle somme, tutto è rimasto come prima: zero al quoziente.
Al sindaco di San Martino, che, più degli altri suoi colleghi, mi era sembrato sensibile e disponibile a impegnarsi sul progetto, feci una previsione e una raccomandazione.
Il vaticinio fu questo: “Vedrà che non ne caverà un ragno dal buco”; ed eviti squallide messe in scena con tavole rotonde, pseudo convegni, interventi di funzionari burocrati, opachi e fuorvianti. Quanto avevo temuto, è invece successo.
I sindaci, riuniti nella cosiddetta Città Caudina, non hanno trovato nella loro pensosità uno spazio sia pure minimo per affrontare l’argomento. A San Martino si è svolto inoltre un convegno insulso, culminato nella idea dell’ex soprintendente di accorpare nella ricerca e nell’intervento eventuale, Caudio con l’Abruzzo e il Molise. La vastità di quest’area archeologica è a giudizio il solo viatico per ottenere impegni finanziari dal Ministero dei beni culturali e l’attenzione dell’Unesco al fine di avere per Caudio la dichiarazione di “patrimonio dell’umanità”, come è accaduto per una piccola parte di Benevento.
Il suggerimento dell’ex soprintendente è datato e tendenzioso.
Rispunta, di tanto in tanto, e issa sul pennone una bandiera politica. E’ l’idea del “Molisannio” che l’on. Mastella propone quando i suoi interessi elettorali glielo consigliano e lo rendono alfiere di un’area territoriale interna, che si sente emarginata dalla regione e vanta molti crediti nei confronti di Napoli e delle zone costiere della Campania.
Non entro nel merito politico della proposta di Mastella.
Mi preme solo rilevarne la debolezza culturale e la copertura che finisce per dare al disinteresse, alla noncuranza della deputazione irpina e sannita per questo genere di problema e questi ambiti che attengono non solo alla civiltà di una comunità ma anche al suo sviluppo economico e materiale.
Non c’è un solo intervento, atto e iniziativa di Mastella diretto a velocizzare e recuperare il patrimonio storico e culturale della Valle Caudina, area che doveva essere uno dei terreni di elezione per la sua attività, vista la contiguità delle sue origini con il mondo che si slarga alle pendici del Taburno. Mastella ha preparazione ed esperienza politica per capire le ragioni della mia intemerata.
Ma egli non è il solo ad essere chiamato in causa per l’inerzia e il totale oblio di Caudio e delle sue potenzialità. Anche i parlamentari irpini hanno seguito lo stesso itinerario.
La Valle Caudina è stata per loro solo pastura elettorale. Hanno mietuto abbondantemente con l’apporto e il sostegno di “parzonali”, stupidi e servili, disponibili a raccogliere voti e preferenze e contanti della lustra paesana dei fumi del potere.
E questa constatazione amara si intreccia con un moto interno di rabbia, ove si pensi che questa accolita di classe dirigente ha avuto, per molti anni, la guida dell’Italia nelle mani.
E’ stata la “razza padrona” del nostro paese: ognuno con un ruolo di padrinato, organizzato quasi scientificamente, senza possibilità di varchi di dissenso o di alternative.
La propria identità
Credo di avere illuminato a sufficienza l’ambigua fuga per la tangente del “Molisannio”.
Negli articoli precedenti, pubblicati da “Il Caudino” ho ricostruito, sia pure frammentariamente, i riferimenti storici su Caudio, la sua specificità, il tesoro civile, culturale ed economico che, se recuperata, almeno a grandi linee, può dare alla nostra Valle.
Oggi aggiungerò un altro addendo.
E’ giudizio ormai unanime dei sociologi che una delle cause più devastanti della crisi che il mondo sta attraversando, è la fermentazione della comunità, l’affermazione progressiva e, quasi inarrestabile dei disvalori che minano, in primo luogo, il tessuto dell’Occidente e quanto il nostro continente ha prodotto e realizzato. Questo collasso è uno dei frutti amari della globalizzazione che, sotto la spinta della “società aperta”, travolge steccati storici, paratie ideologiche, argini tradizionali. Ogni paese, ogni agglomerato, rispolvera o ricerca la propria identità, la propria scaturigine.
Nelle sue radici, trova il senso della comunità, in modo da non farsi destrutturare e dissolversi in quella società liquida, diluita e delineata con straordinario acume da Bauman. Caudio equivale per noi e deve sempre più rappresentare quello che Olimpia valeva per i greci; il pianoro di Ghiza per gli egizi; Machu Picchiu per i Maya. E’ un paragone eccessivo e, pertanto, improprio? Non credo. E’ semmai un sogno e una indicazione di percorso specie per le generazioni future.
La Città Caudina consulti Felicori
A conclusione dell’articolo, vorrei dare agli amministratori comunali della Valle Caudina un suggerimento pratico che potrebbe dare dei frutti succosi.
Il 31 ottobre il direttore della Reggia di Caserta Mauro Felicori va in pensione, nonostante la sua intraprendenza e dirompente fattività. Cosa questo uomo di cultura abbia rappresentato per il rilancio dello storico palazzo, un tempo quasi lasciato alla deriva, è noto negli ambienti intellettuali italiani e di tutto il mondo. Un dato, forse prosaico, ma emblematico: i visitatori della Reggia sono passati da 500 mila degli anni scorsi a poco meno di un milione; vanno aggiunti la sistemazione e l’utilizzo dello splendido parco; il restauro degli ambienti borbonici, la motivazione e il riordino del personale, l’idea di una polarizzazione culturale delle aree contigue a Caserta.
Felicori è rammaricato per l’addio che interrompe e, forse, decreta la morte di un ampio progetto.
Nella intervista di congedo, ha detto che continuerà ad occuparsi di beni culturali con particolare interesse “per interventi e progetti che coinvolgono l’Unesco”.
Ecco, concretamente, la carta da giocare.
“La città caudina” consulti Felicori. Si esponga chiaramente cosa ci proponiamo, dove vogliamo andare e che tipo di percorso ci consiglia. Se convinti e partecipi, gli si affidi l’incarico di guida dell’intero progetto di recupero di Caudio. L’autorità di Felicori è tale da fugare resistenze e banali intralci di municipalismo o di interessi professionali.
Scriveva Giuseppe Berto nel “Il male oscuro”: “Il borgo è sparito; il paese non c’è più: resta solo la memoria della terra”. (Foto tratta da un video di Adrian Musto)