Le pensioni e la strategia di Draghi
Le pensioni e la strategia di Draghi. Chi si attendeva che Mario Draghi, nel suo discorso letto in occasione della fiducia al Senato della Repubblica dei giorni scorsi, parlasse di Pensioni e di riforma, probabilmente sarà rimasto deluso.
Ma c’è un passaggio – negli oltre 53 minuti in cui ha parlato il nuovo presidente del Consiglio – che ha posto all’attenzione dei tecnici di governo e dei cittadini le gravissime conseguenze che sta provocando il Covid nel tessuto economico e sociale del nostro Paese.
“L’aspettativa di vita, a causa della pandemia – ha detto Mario Draghi – è diminuita. Fino a quatto-cinque anni nelle zone di maggior contagio; un anno e mezzo-due in meno per tutta la popolazione italiana.
Un calo simile non si registrava in Italia dai tempi delle due guerre mondiali”. Una decrescita simile, quella della speranza di vita, che si ripercuoterà inevitabilmente sulle scelte del governo in tema di riforma delle pensioni e di revisione del meccanismo della speranza di vita quale indice di calcolo per l’età di uscita da lavoro.
Riforma pensioni e legge Fornero: in diminuzione nel 2021 l’aspettativa di vita, le soluzioni di Draghi
È da escludere che il governo Draghi possa rivedere al ribasso i requisiti di accesso alle pensioni anticipate, di vecchiaia e di anzianità contributiva come conseguenza della diminuzione della speranza di vita che sarà certificata dall’Istat.
È già successo nel 2015 che l’aspettativa di vita risultasse più bassa di 0,2 anni negli uomini e di 0,4 anni nelle donne rispetto al 2014, attestandosi, rispettivamente, a 80,1 anni e a 84,6 anni; ma agli indici in diminuzione non hanno fatto seguito diminuzioni delle età di uscita o dei contributi.
Dal 2012 al 2019, per effetto della speranza di vita, i lavoratori hanno visto avanzare l’età della pensione a 67 anni seguendo il cammino tracciato dalla riforma Fornero e, ancor prima, dal decreto legge numero 78 del 2010 del governo Berlusconi, convertito poi nella legge 122 del 2010.
Per le donne l’aumento è stato più rilevante: per pareggiare l’età della vecchiaia degli uomini, il sacrificio richiesto alle lavoratrici si è tradotto in cinque anni di lavoro in più, dal limite dei 62 anni del 2012 ai 67 odierni.
Inutile farsi illusioni. La diminuzione della speranza di vita non sancirà una decrescita dei limiti pensionistici. Semmai, l’età di uscita non continuerà a crescere. E probabilmente questo e i prossimi governi dovranno rivedere gli incrementi già programmati a partire dal 2023.
Ccorrispondenti a tavole demografiche calcolate ben prima dell’emergenza Covid; che non troverebbero più la propria giustificazione statistica.
Pensioni anticipate: governo Draghi al lavoro per il superamento della quota 100 dal 1° gennaio 2022
Pur nel silenzio di Draghi sulle pensioni, la revisione nel periodo di emergenza Covid e negli anni a venire partirà da alcuni punti fermi. Il primo, che sta trovando conferme proprio nell’iniziale governo di Draghi, sarà lo stop alle pensioni a quota 100.
La possibilità di ricorrere a proroghe, anche in versioni “mini”, è stata già smentita. Ma, tra le scadenze a breve termine alle quali dovrà ovviare il nuovo governo, c’è lo scalone da evitare, a partire dal 1° gennaio 2022.
Mediante nuove opzioni, una revisione delle soglie dei coefficienti di trasformazione dei contributi versati e probabilmente l’emanazione di un “Testo unico delle pensioni”; se Draghi avrà il sostegno di un’ampia maggioranza con la quale imboccare la strada di una vera riforma strutturale delle pensioni.
Si tratterà di trovare la giusta quadra tra il trovare soluzioni previdenziali solide e sostenibili anche nel medio-lungo periodo e rispondere alle sollecitazioni dell’Europa, alle quali Draghi guarda con attenzione, amalgamando i requisiti della riforma Fornero alla situazione di emergenza del Paese.
Riforma pensioni: il punto di partenza potrebbe essere la revisione dei coefficienti e soglie di pensionamento
L’ultima, in ordine cronologico, tra le ipotesi di riforma delle pensioni e di superamento della quota 100 riguarda la revisione del montante dei contributi versati durante la carriera lavorativa e l’applicazione dei coefficienti di trasformazione che permettono di indicizzare il montante stesso con il futuro assegno di pensione.
La soluzione del governo Draghi potrebbe contemplare meccanismi di nuova flessibilità sostenibile in uscita mediante la correzione attuariale degli anni di versamenti ricadenti entro il 31 dicembre 1995.
E ricorrere all’indicizzazione dei contributi attraverso il rapporto tra il coefficiente di trasformazione applicato all’età della pensione dei 67 anni e il coefficiente corrispondente all’esatta età di uscita, ad esempio a 63 o a 64 anni.
L’opzione, se venisse applicata, aggiornerebbe i coefficienti garantendo al lavoratore in uscita la flessibilità di scelta dell’età in cui lasciare il lavoro.
Pensione di garanzia giovani e ipotesi di flessibilità per le uscite anticipate agevolate
Un nuovo sistema previdenziale di Draghi non esulerebbe dal dover affrontare le previsioni sulle pensioni future delle generazioni più giovani; in particolare dei lavoratori che ricadono interamente nel sistema contributivo puro perché hanno iniziato a versare contributi dal 1° gennaio 1996.
La questione dovrà tener conto del progetto di istituire una pensione di garanzia per i giovani; che, proprio perché appartenenti al meccanismo contributivo, non potranno contare su integrazioni a un importo minimo; come avviene per i contribuenti ricadenti ai precedenti regimi previdenziali.
La situazione dei lavoratori contributivi puri dovrà essere posta sotto osservazione anche in virtù della tipicità delle carriere lavorative; contrassegnate da buchi previdenziali, attività precarie e periodi di disoccupazione, di chi oggi ha 30, 40 o 50 anni.
Ulteriori ipotesi di flessibilità delle pensioni dovranno tener conto delle nuove tendenze lavorative e di allungamento della carriera attiva. In questa ottica sono inquadrate le nuove ipotesi di part-time negli ultimi anni di lavoro; e l’integrazione dei contratti di solidarietà e di scivolo che accompagnano i lavoratori alla pensione già nel 2021, attraverso formule di uscita anticipata agevolata.