L’epidemia da coronavirus: consigli per il prima e per il dopo
di Sergio Del Giacco (Allergologo, Immunologo, Internista)
Si tratta di una malattia infettiva e contagiosa che come avveniva per tutte le malattie infettive che comparivano in passato almeno sino agli anni ’30 prima della scoperta dei sulfamidici e degli antibiotici, coloro che ne venivano colpiti o guarivano o morivano. I guariti erano detti “immuni” (dal latino in-munis cioè che non paga tributo) e non si sarebbero ammalati in occasione di eventuali nuove epidemie dello stesso tipo.
Gli immuni quindi guarivano in virtù delle risposte individuali del loro sistema immunitario (anticorpi macrofagi, linfociti) che sconfigge i germi (microbi,virus). Gli altri morivano o perché la carica infettiva era troppo forte o perché il sistema immunitario era debole o indebolito o perché i malati avevano altre patologie che in seguito all’infezione peggioravano e portavano a morte il soggetto (ad esempio cardiopatie, insufficienza renale, broncopneumopatie croniche, diabete mellito, tumori, trapiantati, curati con immunosoppresori o antiblastico o persone avanti con gli anni (oltre i 65 anni).
Naturalmente esistevano ed esistono vaccini (in passato vaiolo, difterite, poliomielite e attualmente influenza e tante altre patologie virali o batteriche). I vaccinati sono protetti e quindi nella loro grande maggioranza non si ammalano in occasione di contatti con germi per i quali sono stati vaccinati.
Cosa è accaduto all’inizio di questo 2020? Covid19 non è un’influenza come le altre; è un nuovo insidioso nemico. Il nostro sistema immunitario non conosce e non ha mai conosciuto il virus Sars-Cov2. Esso fa parte dei coronavirus così chiamati per la loro forma, che hanno una particolare attrazione per le cellule polmonari alle quali si attaccano con delle specie di ganci che hanno in superficie.
Arrivati lì provocano una infiammazione con meccanismi complessi legati alla risposta immunitaria: si forma un liquido (detto essudato) che invade varie zone del polmone più o meno grandi in uno o più spesso entrambi (di qui le varie gravità della malattia) impedendo gli scambi gassoso fra stia e sangue. L’ossigeno dell’aria non riesce ad attraversare la parete polmonare, non raggiunge a sufficienza il sangue che a sua volta dovrebbe cedere anidride carbonica al polmone.
Il sangue perciò non riesce a portare l’ossigeno necessario ai tessuti (cuore, cervello), l’individuo non respira più bene e sente di soffocare (la percentuale di saturazione dell’ossigeno che normalmente è sopra i 90 scende notevolmente). Se il paziente non viene rifornito di ossigeno (respiratori, caschi, intonazione) a sufficienza può arrivare anche alla morte.
Il paziente inizia ad avere sintomi influenzali (febbre oltre i 38 gradi, tosse, mal di gola, naso intasato, disturbi del gusto e dell’olfatto, dolenzie muscolari e articolari) ma spesso iniziano segni polmonari (affanno, tosse via via ingravescenti) che portano al ricovero d’urgenza per insufficienza respiratoria.
I casi in Italia sono quasi 80mila, i decessi oltre 12.000 con prevalenza in Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e meno al Sud.
Non ripeteremo quanto tutto sanno sul presunto primo caso, sulle zone rosse, sulle cause dell’esplosione biologica, né sulle varie decisioni delle autorità. Ci limiteremo a qualche riflessione:
1. Non abbiamo ancora un vaccino e quindi nonostante i vari gruppi di ricercatori mondiali siano in frenetica attività ci vorranno non prima di 8-12 mesi per l’avvio di una somministrazione di un vaccino specifico.
2. Non esistono farmaci specifici per questo virus. Tuttavia alcuni antivirali usati per altre forme virali (AIDS, Ebola) paiono in alcuni casi attivi e quindi sperimentazioni sono già in corso.
3. La clorochina, l’ idrossiclorochina (Plaquenil) vecchi antimalarici e antinfiammatori paiono essere attivi sulla prima fase dell’infezione e sul virus. Anche qui sperimentazioni in corso.
4. Farmaci biologici attivi contro l’infiammazione (anti- interleuchina 6) paiono attivi nel moderare o spegnere l’infiammazione causata dal virus. Anche qui sperimentazioni in corso.
Perciò:
1. Evitare i contatti stretti. Stare in casa. Usare mascherine quando si deve contattare per forza qualcuno. Il cosiddetto lockdown è utilissimo. Si dovrà stare attenti quando si potranno riprendere gradualmente i contatti
2. Identificare con i tamponi o i test sul sangue il maggior numero di contagiati asintomatici che sono i maggiori responsabili della diffusione del contagio.
3. Testare tutti i sanitari per evitare che possano infettare e infettarsi sul lavoro e non debbano continuare a pagare un prezzo altissimo in fatto di sofferenza e di vite
4. Oltre a rafforzare le terapie intensive come tutti abbiamo visto sarà importante controllare bene i pazienti lasciati a casa perchè essi non devono arrivare ad aggravarsi senza protezione: perciò diamo subito loro clorochina e antivirali ai primi segni di peggioramento.
5.Ricordiamo che più contagiato troviamo più presto conterremo la diffusione
6. Attenzione alla ripresa. Siamo responsabili! Ce la faremo.