Marcinelle, una tragedia cervinarese

I minatori italiani erano trattati come carne da macello

Redazione
Marcinelle, una tragedia cervinarese

Marcinelle, una tragedia cervinarese. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 68° anniversario della tragedia di Marcinelle e della 23ª Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, ha inviato il seguente messaggio: «Da 23 anni la data del disastro minerario di Marcinelle del 1956 ha dato vita alla Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo.

La portata della tragedia che 68 anni fa sconvolse 262 famiglie – di cui 136 italiane – le ha fatto assumere una fortissima carica simbolica.

Quanto accadde al Bois du Cazier è dunque un richiamo alla memoria del sacrificio di tutti lavoratori italiani deceduti all’estero nello svolgimento delle proprie attività professionali e a quanti hanno recato il contributo della propria industriosità a Paesi anche lontani.

Fin dal suo primo articolo la Costituzione della Repubblica stabilisce un vincolo ideale inscindibile tra democrazia e lavoro. Il pieno rispetto della dignità dei lavoratori ne è un principio fondamentale, affermato anche al livello internazionale; un obiettivo che, tuttavia, non è stato ancora pienamente raggiunto”.

“Svolgere la propria attività lavorativa in sicurezza è la prima elementare condizione. Marcinelle e le altre tragedie che hanno coinvolto migranti italiani nei cinque continenti costituiscono ancora oggi un monito ineludibile a promuovere la dignità del lavoro, valore irrinunciabile della identità della nostra comunità. A quanti hanno perso familiari, amici e colleghi, vittime del lavoro, al Bois du Cazier e in altre parti del mondo, rinnovo l’espressione dei sentimenti di vicinanza e di solidarietà della Repubblica”.

Fa bene il nostro Presidente a ricordare la tragedia di Marcinelle che è diventata un simbolo fortissimo per quel che riguarda il sacrificio del lavoro italiano nel mondo. Noi abbiamo la memoria corta e tendiamo a dimenticare le nostre radici e i nostri padri e nonni che hanno dovuto lasciare il loro paese e andare per il mondo per dare un futuro a noi tutti. Stessa sorte che ora sembra essere riservata ai nostri figli e ai nostri nipoti.

                                                                                                                                        La più giovane vittima di Marcinelle

Come ogni anno, anche Il Caudino ricorda quell’ecatombe che uccise 136 italiani nelle viscere della terra. Lo fa con doveroso rispetto perchè la più giovane vittima di Marcinelle era un cervinarese e si chiamvava Antonio Sacco. Aveva solo sedici anni ed a lui è dedicata la nostra aula consiliare.

Aveva sedici anni Antonio Sacco, ma era dovuto diventare uomo presto. Anche se sei ancora un ragazzo, per scendere in un pozzo nero e lavorare 14 ore al giorno, devi per forza avere la forza di un uomo. Aveva sedici anni Antonio Sacco ed un viso nero di fuliggine, polmoni pieni di carbone e, forse, nel cuore il sorriso di una ragazza di Pantanari che aveva giurato di sposare quando sarebbe tornato dal Belgio.

Aveva sedici anni Antonio Sacco, ma quel giuramento non lo hai mai potuto mantenere. A soli sedici Antonio Sacco da Pantanari di Cervinara, è stata la vittima più giovane della tragedia di Marcinelle in Belgio. Oggi è l’otto agosto e sono trascorsi esattamente 68 anni dal disastro nella miniera di carbone Bois du Cazier.

Vi persero la vita 263 persone, la stragrande maggioranza italiana.Morirono perché non vi erano criteri di sicurezza, perché gli italiani erano carne da macello, buoni per lavorare come muli, per scendere nel ventre della terra, senza fiatare, senza diritti.

Antonio Sacco oggi avrebbe 84 anni, forse, sarebbe nonno e, certamente, potrebbe essere un anziano tranquillo, che dopo aver lavorato tutta la vita, si potrebbe godere qualche giorno sereno. A lui, Cervinara, sei anni fa ha dedicato l’aula consiliare.

I sacrifici umani

Una dedica doverosa perché, il nostro paese, ha visto tante persone, come Antonio Sacco, lasciare la propria terra per cercare fortuna nel mondo. Un fenomeno migratorio, iniziato ai primi del Novecento e continuato sino alle prima metà degli anni Settanta. Ed ora, purtroppo, sta ricominciando, anche se con aspetti diversi.

Ad andare via non solo le braccia, ma le menti che non trovano alcun tipo di spazio lavorativo. Antonio Sacco morì anche con il sogno di poter migliorare le proprie condizioni di vita, di far studiare i figli che non ha mai avuto. Chi sa cosa direbbe oggi, nel vedere quelli che potrebbero essere i suoi nipoti, abbandonare lo stesso Cervinara. I sacrifici, anche quelli umani, a volte, non bastano per cambiare le cose.

Peppino Vaccariello