Medicina: La nuova cura dell’ernia inguinale

Redazione
Medicina: La nuova cura dell’ernia inguinale

Cos’è un ernia?
L’ernia (dal greco hernios, germoglio) è la fuoriuscita di un viscere dalla cavità nella quale è contenuto attraverso un’area di debolezza. Una condizione che si verifica spesso nella regione inguinale, zona che, per la sua costituzione anatomica, è  più vulnerabile in quanto sprovvista di rinforzo muscolare.
Si tratta di una patologia di notevole impatto sociale: basti pensare che solo in Italia vengono eseguiti più di 180.000 interventi ogni anno e che il rischio per un uomo di sviluppare nel corso della propria  vita una patologia erniaria è di circa il 27 %.
Perché si forma?
Colpisce prevalentemente gli uomini ed è provocata da bruschi aumenti della pressione endoaddominale conseguenti a sforzi fisici (persone che svolgono un lavoro pesante), sollevamento di pesi (è frequente nei culturisti), ripetuti accessi di tosse (per esempio nei bronchitici cronici). Altri fattori che possono favorirne l’insorgenza sono una predisposizione costituzionale (debolezza dei tessuti) e tutte le condizioni che dilatano l’addome  indebolendone la parete: l’obesità, la gravidanza e i dimagrimenti troppo rapidi che, anziché il tessuto adiposo, finiscono per distruggere le proteine di cui sono ricche le fasce e le strutture muscolari.
Come si manifesta?
Generalmente l’ernia si manifesta con un rigonfiamento più o meno evidente a livello dell’inguine, non necessariamente dolente. Il dolore, quando presente, sopraggiunge o aumenta soprattutto dopo sforzi  fisici o in seguito a una lunga camminata. A volte, nelle ernie in fase iniziale, si può avvertire dolore anche se il rigonfiamento non è ancora evidente.
Se si avvertono questi sintomi è bene rivolgersi a uno specialista: un’ernia non può guarire spontaneamente ed è oggi facilmente curabile con un semplice intervento chirurgico di routine. Se trascurata, invece, non solo tende ad aumentare di dimensioni ma rischia di sviluppare complicanze gravi. La più temibile è lo “strozzamento erniario”: in questa condizione un viscere, generalmente l’intestino, fuoriesce dalla cavità addominale senza riuscire più a ritornarvi all’interno. Ciò causa un intenso dolore e può evolvere nella necrosi (morte) della porzione di intestino erniata che, in tal caso, deve essere asportata con un intervento d’urgenza.
Come si interviene?
La chirurgia erniaria negli ultimi 30 anni ha avuto una vera e propria rivoluzione : con l’introduzione delle  protesi sono stati  abbandonati i vecchi interventi di plastica per scorrimento tessutale, in quanto gravati da una forte tensione sulle strutture muscolo-aponeurotiche suturate al fine di chiudere la porta (area di debolezza) erniaria,  quindi dolorosi e associati ad elevato tasso di recidiva.
Le protesi (reti in materiale biocompatibile) hanno permesso una cura chirurgica dell’ernia inguinale (ernioplastica) senza tensioni (tension free)  e l’abbattimento delle recidive ,  permettendo il  trattamento di tale patologia in regime di day surgery , con una rapida ripresa delle  attività quotidiane del paziente.
L’ ernioplastica  inguinale  è oggi divenuto quindi un intervento semplice, che  può essere eseguito in giornata con una semplice anestesia locale: dopo aver riportato l’organo erniato in addome, si rinforza la parete addominale  indebolita  mediante l’applicazione della  protesi. Questa può essere in materiale semiassorbibile o totalmente riassorbibile  in modo da lasciare una minima quantità di corpo estraneo in addome, una volta che la reazione cellulare dell’organismo ha ricostruito  una nuova parete.
Quali sono le complicanze dell’intervento chirurgico?
Esistono varie tecniche chirurgiche  per l’esecuzione di un’ernioplastica e, nelle mani di un chirurgo esperto, le complicanze sono poco frequenti e il tasso di recidive è inferiore all’1%. Indipendentemente dalla tecnica usata, il problema più spesso riscontrato  è il dolore cronico postoperatorio, che induce i pazienti a nuove richieste assistenziali, all’uso continuo di farmaci antidolorifici e, nei casi più gravi, a nuovi ricoveri per interventi chirurgici non sempre risolutivi. Il dolore, così come il discomfort determinato da una persistente sensazione da corpo estraneo, è spesso dovuto alle protesi che, per sede e dimensioni, interferiscono con le strutture nervose e muscolari presenti nella regione inguinale.  I dati forniti dall’American Hernia Society sono davvero preoccupanti: l’esito doloroso cronico può raggiungere il 30 % dei casi trattati. Fondamentale quindi è rivolgersi ad un Centro specialistico, generalmente legato ad una più bassa percentuale di complicanze.
Come  possono essere  evitate le complicanze?
L’obiettivo attuale della ricerca  è la riduzione del dolore cronico e delle persistenti sensazioni di corpo estraneo dopo interventi di ernioplastica inguinale. Proprio con questo scopo il dott. Angelo Guttadauro, aiuto dell’ U.O. Clinicizzata di Chirurgia Generale degli Istituti Clinici Zucchi di Monza diretta dal prof. Francesco Gabrielli,  ricercatore in Chirurgia dell’Università di Milano Bicocca, fondatore e responsabile dell’Hernia Center Monza-Brianza ( centro multidisciplinare  capace di offrire  metodiche  innovative   per un trattamento personalizzato della patologia di cui il paziente è affetto ),  ha ideato una nuova tecnica di riparazione dell’ernia inguinale, denominata All in One Mesh Hernioplasty: la  metodica  utilizza una protesi innovativa, di dimensioni ridotte rispetto a quelle attualmente in uso onde evitare le senzazioni di corpo estraneo. Questa “retina” è stata ideata in modo da poter essere applicata al fine di rinforzare direttamente e contemporaneamente tutte le aree di debolezza del canale inguinale, sedi di insorgenza dell’ernia, evitando  contatti con le strutture nervose e, quindi, il possibile dolore post-operatorio. Il fine ultimo è garantire il massimo comfort al paziente.
Dalla sua prima introduzione, nel 2012, il nuovo metodo è già stato applicato in più di 400 casi in Lombardia e in 200 casi nel Lazio. E’ stato osservato, nei pazienti trattati, l’assenza ( metà di essi  non ha utilizzato antidolorifico) o un minimo dolore postoperatorio in sede di ferita chirurgica, legato all’incisione stessa, con immediata ripresa delle normali attività quotidiane  e lavorative.  In nessuno caso si sono verificate fastidiose sensazioni persistenti di corpo estraneo e/o dolori cronici invalidanti postoperatori, con grande soddisfazione da parte dei pazienti.
Tutto ciò pernette inoltre di ottimizzare i costi sanitari grazie alla  riduzione dell’uso di antidolorifici, di nuove richieste assistenziali, di nuovi ricoveri per interventi finalizzati al trattamento  delle nevralgie (dolori) croniche.
La Nuova Tecnica:
Eseguibile in anestesia locale, ha una durata  media di 30 minuti. Si svolge in 5 semplici step:
Step1
Localizzato il  funicolo spermatico (struttura contenente i vasi e il dotto deferente, che provenienti dall’addome sono diretti al testicolo ) si  esegue  un’incisione longitudinale mediale del cremastere (muscolo che avvolge il funicolo) (Fig.1).

Fig.1

Step2
I bordi mediali del cremastere vengono repertati mediante due pinze e si libera lo stesso dal funicolo (Fig. 2).

Fig.2

Step3
Si identifica, si separa e si riduce il sacco erniario secondo in addome.

Step4
Si applica a rinforzo della parete una rete protesica (Fig. 3) ideata in modo da poter essere posizionata a rinforzo contemporaneo di tutte le aree di debolezza del pavimento del canale inguinale.
L’area A viene a circondare gli elementi del funicolo formando un anello conico intorno ad essi. Ciò si ottiene mediante avvicinamento delle branche A1 e A2. In base al diametro del funicolo si può, riducendo la lunghezza di A1 e A2 ottenere una variazione nell’apertura dell’apice del cono protesico. Mediante un  punto di sutura riassorbibile tra le due branche protesiche A1 e A2 si chiude, una volta stabilitone il corretto diametro, il cono ottenuto intorno al funicolo.
Fig.3

Mentre l’aiuto traziona gli elementi  del funicolo verso l’alto, l’operatore con due pinze anatomiche  introduce  l’anello protesico nell’orifizio inguinale interno (Fig. 4).
Fig. 4

Il cono protesico di contenimento creato aiuta la riparazione dell’area di debolezza sita a livello dell’anello inguinale interno (orifizio della cavità addominale che permette la fuoriuscita del funicolo). La sua profondità è tale, quando inserito nell’anello interno, da non interferire e comprimere le strutture vascolari sottostanti.
L’area B  della protesi fuoriesce dall’anello e permette la distensione dell’area C  sopra il pavimento indebolito del canale inguinale.
Step5
Si recupera infine il margine mediale del cremastere  (precedentemente repertato) e dopo averlo trasposto sotto al funicolo, lo si sutura alle strutture muscoloaponeurotiche mediali (Fig.5).  Dopo aver riposto il funicolo nella sua sede abituale, si procede alla chiusura.
Fig.5

La rete protesica è a rinforzo della parete posteriore : una pronta risposta cellulare fissa la rete in tale sede formando un valido  strato cellulare di rinforzo, senza intrappolamento di strutture nervose, causa di dolori cronici di difficile trattamento in quanto le strutture nervose rimangono sopra il cremastere e non possono venire in contatto con la protesi.
La protesi, in base alla sua natura, sarà parzialmente o completamente riassorbita dopo che si è costituito, sulla sua impalcatura, un valido strato cellulare di contenimento.

di Angelo Guttadauro e Ugo Cioffi