Migranti, don Salvatore: L’appello del Papa è per tutta la parrocchia non solo per i preti
Dopo l’appello di Papa Francesco alle Parrocchie di aprirsi all’accoglienza dei profughi, riportiamo un intervento di don Salvatore Picca parroco di San Martino.
“Papa Francesco ci ha abituato in questi due anni di pontificato a diverse iniezioni di vitalità dati alla Chiesa ricordando a tutti l’essenza del Vangelo. L’appello ad accogliere una famiglia di rifugiati rivolto non solo ai parroci ma alle parrocchie (e quindi a tutta la comunità di battezzati di un determinato territorio) e alle famiglie cristiane (quindi ad ogni battezzato) rientra in uno di questi scossoni che il Papa lancia alla Chiesa intera. Tuttavia non bisogna dimenticare (cosa deprecabile che certa stampa sta facendo passare) che l’appello del Papa non è rivolto solo ai preti, ma ad ogni cristiano, ecco perché, per dar seguito a tale appello, ogni parroco ha bisogno della sua comunità. È facile, infatti, farsi guidare dalle emozioni del momento, ma, passato il momento dell’emozione iniziale, prima di fare scelte, bisogna porsi delle domande che si devono confrontare non con l’ideale, ma con il reale. Ecco perché, ogni Parroco, prima di fare una scelta gravosa, deve fare i conti con i locali (accolgo si, ma dove?) con il tempo (accolgo si, ma per quanto tempo) con i fondi (accolgo si, ma dove trovo le risorse per far fronte all’ospitalità?) con la durata ( accolgo si, ma tra un anno, due, tre riusciremo a far fronte a tale accoglienza?) con il futuro (accolgo si, ma quali sono le prospettive future di inserimento di queste famiglie) con le entrate parrocchiali (accolgo si, ma dove trovo le risorse per pagare le spese del mantenimento di queste famiglie?). Il problema dei profughi, purtroppo, non può essere abbandonato alle emozioni del momento, ma è un problema serio, perché, come in ogni cosa che parte dalle emozioni, nel primo giorno siamo in 1000, il secondo giorno siamo 500, il terzo giorno 10, il quarto 1 e, cioè, solo il parroco. E allora dal quarto giorno in poi il Parroco come farà ad assistere la famiglia accolta quando, molto spesso, non ha neppure i fondi per pagare le utenze parrocchiali e per far fronte alla marea di richieste di italiani che bussano alle porte di ogni parrocchia? Guardando per esempio alla situazione della nostra Valle, basta fare in piccolo giro per i paesi per rendersi conto che a san Martino nella canonica abita il parroco e il vice parroco e non ci sono altri locali a disposizione se non quelli in cui si fa il catechismo (dobbiamo cacciare i nostri ragazzi?) a Cervinara la canonica di Valle è occupata dai familiari di don Nicola Fiore e dalla sagrestana (li cacciamo fuori per mettere profughi?) la canonica di Ioffredo ospita don Giorgio (Lo dobbiamo mandare via dopo 50 anni di servizio a quella parrocchia?) la canonica di Ferrari ospita in 2 stanze la catechesi parrocchiale (dove si mandano i bambini di Ferrari a fare il catechismo?), la canonica di san Potito ospita scout e Azione Cattolica (dove fare le attività parrocchiali?), la canonica di sant’Adiutore è già occupata da senza tetto cervinaresi, la canonica di san Marciano ospita il parroco, la canonica di Rotondi ospita il parroco come pure quella di Paolisi, Bonea non ha canonica come pure Varoni, la canonica di San Leone a Montesarchio ospita il parroco e quella dell’Annunziata è inagibile e in ristrutturazione. Facendo i conti con la realtà, mi chiedo: dove dobbiamo sistemare le famiglie dei profughi? L’unica soluzione dignitosa che vedo per queste persone è questa: tutte le famiglie che hanno bisogno di un badante possono assumere uno dei membri di una famiglia di rifugiati e, con l’aiuto del parroco, provvedere all’inserimento di tutta la famiglia nel territorio cittadino offrendo una dimora è una retribuzione minima per il lavoro svolto. Altre soluzioni non ne vedo, ma continuerò a pensarci nella preghiera e con il consiglio dei miei collaboratori. Infatti, giovedì sera a san Martino ci sarà il consiglio pastorale parrocchiale per confrontarsi tutti sull’appello del Papa, mettendo da parte l’ideale e facendosi guidare dal reale. So che forse ci si aspettava una risposta ideale che attirasse il consenso delle folle, ma su un problema così serio non ci si può far belli con la stampa, facendo dichiarazioni ideali che tutti condividiamo, che, però, non hanno alcuna possibilità di concretizzarsi. Qui ci troviamo di fronte ad un problema serissimo davanti al quale non ci si può abbandonare ai sogni , belli si (a tutti piace sognare!) ma irrealizzabili. Ecco perché inutile dire si accogliamo per farsi belli davanti a tutti, mi sembra più onesto dire vediamo se ci sono le condizioni per un’accoglienza umana, e sottolineo umana, di questi figli di Dio. Per realizzare tale accoglienza, prima di fare dichiarazioni scoppiettanti da prima pagina, aspetterò il consiglio dei miei collaboratori e il confronto con l’autorità civile”.
don Salvatore Picca