Misericordia: ecco cosa fanno i volontari
Gentile direttore,
tutto inizia sempre alla stessa maniera, una domenica mattina quando si fa la programmazione settimanale ti viene rivolta la domanda “Allora? Sabato notte sei tu di turno?”, e come sabato ci sono altri sei giorni nei quali qualcuno di “noi” c’è sempre…e non si tira indietro; la risposta, con orgoglio e forza è sempre la stessa “Sì, sabato notte ci sono io, non c’è problema”. Questa è una storia di ordinaria routine nella programmazione turnistica del personale volontario che opera nel settore d’emergenza sanitaria che la Misericordia di Cervinara svolge in convenzione con la Asl di Avellino. Ogni domenica le caselle dei turni vengono riempite, ad ogni casella che si riempie c’è del tempo sottratto, sottratto a sé stessi, alla famiglia, agli amici, ai figli, ai nipoti, alla fidanzata, alla moglie, a volte anche al lavoro, a volte si aggiunge “lavoro al lavoro”, si studia non a casa propria… spesso la domanda è “Perché lo fai?”, una domanda semplice, una domanda alla quale si vorrebbe rispondere con così tante parole che, probabilmente, l’unico modo per rispondere in maniera corretta è restare in silenzio, o forse, ancor di più, dire “Lo faccio perché lo sento, perché per me al posto di uscire a vedere gente ubriacarsi, al posto di andare a fare una partita a calcetto, mi piace aiutare gli altri”. Sono storie di ordinaria routine, c’è l’autista soccorritore per sabato, allora inizia lo spirito d’associazionismo, perché l’autista soccorritore magari concorda con un soccorritore di svolgere il turno assieme, come fratelli legati dal vincolo della confraternita, ed è così che la squadra prende forma, si inizia a plasmare quella combinazione di volontariato e professionalità che, molto probabilmente, cambierà il destino di qualcuno, o forse, se tutto va bene, non ci saranno chiamate e ciò significa che tutti godono di buona salute. L’autista ed il soccorritore vedono chi c’è come infermiere, come medico, alcune volte parte il “giro di chiamate”, si organizza una cenetta leggera, si sceglie un film, si porta un gioco da tavolo, perché il tempo in qualche modo deve passare, ed è meglio passarlo stando “in stand by” piuttosto che operativi. In sede si gioca, si scherza, si fa la battuta, i problemi personali vengono lasciati fuori, quelli non possono essere portati quando si indossa la divisa, quando l’operatore di Misericordia deve operare, l’unica cosa di cui deve esser certo è la serenità del suo animo e la mente sgombra da ogni turbamento. Quando squilla il telefono, vuol dire che la “macchina del soccorso” è stata innescata, si lascia tutto e ci si proietta in quella nuova missione, la televisione è accesa, i bicchieri sul tavolo…non c’è tempo per pensare a sistemare, si deve andare: inizia una nuova missione. Inevitabilmente ogni volta il cuore balza in gola, le mani tremano, nella mente scorrono mille pensieri, in arrivo sull’obiettivo il capo equipaggio da le direttive, ognuno sa cosa deve fare, nulla è lasciato al caso, anche se l’incognita c’è sempre: nella maggior parte dei casi si combatte contro un nemico molto più agile e ben armato, ma questo non scoraggia l’equipaggio, la missione deve essere portata a termine e la battaglia vinta. Sull’intervento non conta ciò che succede intorno, non contano le urla, i rumori delle auto, le persone che vogliono curiosare, gli occhi e l’attenzione sono tutti rivolti su un nostro fratello che ha bisogno di noi, ed è nostro dovere rispondere alla sua richiesta di aiuto. La Misericordia è associazionismo, è il coronamento dei dettami ispiratori della confraternita, il soccorso è una missione di Misericordia per i volontari e, molto spesso, non conta il fatto che il turno sia finito e già avremmo dovuto smontare, dove c’è bisogno si va, si corre, senza chiedere nulla in cambio, se c’è bisogno di due mani in più c’è sempre il volontario che corre, perché quando si crede in qualcosa, si fa di tutto pur di ottemperare a quel giuramento fatto . Quando un turno inizia sai cosa potrebbe succedere, ma non sai mai cosa succederà realmente, l’unica cosa che sai è che non puoi andare solo, ma devi contare sempre sui tuoi fratelli per il successo nella missione. Le certezze di un volontario possono essere tante, sul credo, sulle motivazioni, sulla passione, ma possono anche essere poche, il volontario per definizione è un laico, è un “ non sanitario ”, partecipa a dei corsi di formazione e di perfezionamento che non riusciranno mai ad essere equipollenti a titoli di studio come medicina o infermieristica, però c’è una sottilissima differenza che pesa molto: il volontario mette tutto se stesso in ciò che sa fare. Qualche anno fa il presidente della Confederazione Nazionale delle Misericordie inviò una lettera ad ogni Misericordia, nella quale si rispondeva a chi, superficialmente (com’è successo nel caso di chi ha detto che la sede del 118 in una struttura della Misericordia riduce la professionalità dei medici) affermava che il servizio di un volontario era qualitativamente minore rispetto a quello di un professionista, nella missiva c’era scritto che la forza e la professionalità di un servizio prestato da un volontario è dato proprio dalla sua passione e dal credere a ciò che fa, il volontario fa un servizio molto più professionale di quello fatto dalla maggior parte dei professionisti, un volontario spesso fa anche ciò che non gli compete, perché ci crede, un professionista spesso, molto spesso, dice “non è una cosa che mi compete”, il volontario quando svolge il suo servizio lo fa al massimo delle sue energie….. qualche professionista lo fa con meno attenzione con la quale sfoglia un volantino d’offerte di un supermercato…
Il volontario, soprattutto di Misericordia, è una persona come tante, che fa cose come pochi e ci crede come nessuno, il volontario di Misericordia mette tutto se stesso in ciò che fa, lascia tutto per ottemperare agli obblighi, seppur morali, che ha contratto, un volontario di Misericordia non aspetta lo stipendio, non aspetta un regalo, al volontario di Misericordia basta semplicemente sapere di aver alleviato le sofferenze di un paziente, regalato un sorriso ad una persona, fatto qualcosa di buono per il prossimo, al volontario di Misericordia non interessa che quel paziente ricordi chi lo aiuta, perché l’anonimato è alla base delle opere di Misericordia, al volontario di Misericordia è impresso in mente «non sappia la tua destra ciò che fa la tua sinistra», il volontario di Misericordia quando saluta pensa sempre questa frase «Che Iddio te ne renda merito» come a voler ringraziare il paziente/persona in difficoltà per aver dato al volontario la possibilità di fare del bene.
Giuseppe Tinessa