Montesarchio: annullata la condanna a sei anni a Carlo D’Angelo

Redazione
Montesarchio: annullata la condanna a sei anni a Carlo D’Angelo

Montesarchio. La VI sezione della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso proposto dall’avvocato Vittorio Fucci, ha annullato, con rinvio, la sentenza di condanna a 6 anni di reclusione nei confronti di Carlo D’Angelo , noto commerciante di Montesarchio, di 64 anni, imputato di usura e di estorsione aggravata in concorso con altro imputato di Montesarchio.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, nell’ udienza celebratasi ieri, aveva chiesto l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento della sentenza di condanna in favore di Carlo D’Angelo, difeso dall’avvocato Vittorio Fucci, e l’ inammissibilità del ricorso con conseguente conferma della condanna nei confronti dell’altro imputato, gravato dalla contestazione dei reati in concorso con il D’Angelo.

La Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna a 6 anni di reclusione di entrambi gli imputati,  accusati in concorso dei reati di usura e di estorsione aggravata. Già precedentemente la difesa di Carlo D Angelo e di Colombo Pasquale, rappresenta dall’avvocato Vittorio Fucci, aveva colto l’importante risultato della assoluzione del D’Angelo dall’aggravante del metodo camorristico, con la riduzione della pena, in Appello, da 9 a 6 anni di reclusione e l’assoluzione con formula piena, sempre in Appello, di Pasquale Colombo, che in primo grado era stato condannato a 9 anni di reclusione per usura ed estorsione aggravata in concorso con D’Angelo e Maglione Antonio. Sempre in appello era stato assolto Benito Caputo, di Sant’ Agata De’ Goti, che in primo grado, aveva riportato una condanna a 13 anni di reclusione per associazione camorristica.

Come si ricorderà la vicenda trattata dalla Suprema Corte di Cassazione riguardava la nota operazione “La montagna” , che nel 2016 portò in carcere decine di persone con le accuse, a vario titolo, di associazione cammoristica e di estorsione ed usura aggravata anche dal metodo mafioso. Le indagini, che portarono alle diverse ordinanze di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari, erano fondate su intercettazioni telefoniche ed ambientali, su attività di appostamento dei carabinieri e su dichiarazioni accusatorie delle vittime dei vari reati.