Omicidio Sodano, il boss Salvatore Calabria evita l’ergastolo

Il Caudino
Omicidio Sodano, il boss Salvatore Calabria evita l’ergastolo

Correvano gli anni ‘ 90. Ad Acerra si sparava con più facilità di oggi; era in corso la guerra tra i cutoliani e gli appartenenti alla cd. Nuova Famiglia, oltre che la guerra interna per la supremazia sul territorio. Non si contavano i morti e le vittime di lupara bianca.
Ogni ambizioso camorrista sperava di farsi spazio nel mondo dell’illegalità eliminando anche chi sino al giorno prima era stato al suo fianco in esecuzioni omicidiarie.
Erano camorristi che fluttuavano.
Numerosi erano i gruppi che si contendevano il territorio : De Sena, Mariniello, Lunardelli, Ferrara.
In particolare, erano ambite le quote dei proventi estorsivi ricavabili dal vasto territorio acerrano, popoloso e vasto comune della provincia napoletana.
Proprio in tale contesto è avvenuto l’omicidio di Sodano Raffaele, avvenuto ad Acerra il giorno 01.12.96.
Ad essere accusato di tale omicidio c’è solo Calabria Salvatore,
La Direzione Distrettuale Antimafia ha potuto processare solo lui per la semplice ragione che le altre due persone che sarebbero coinvolte, Ferrara e Marinello, avevano già perso la vita in altrettanti agguati di camorra.
Così, dal fuoco incrociato delle dichiarazioni dei pentiti è stato raggiunto Calabria, prima raggiunto dalla ordinanza di custodia cautelare, poi condannato in primo all’ergastolo con sentenza emessa dal Gup presso il Tribunale di Napoli, dott. ssa Ludovica Mancini in totale accoglimento delle richieste del pubblico ministero dott. Vincenzo D’Onofrio, profondo conoscitore del panorama delinquenziale gravitante nei comuni vesuviani.
Ad accusare il Calabria, indicato come colui che guidava l’auto sulla quale vi era il killer che freddò nella piazza principale di Acerra il Sodano, un impressionante numero di pentiti : Di Grazia, Messina, Delli Paoli, Di Fiore, Zito, di Buono, Scudiero, nonchè il figlio della vittima che avrebbe assistito all’omicidio secondo quanto riferito da uno dei pentiti.
Per il giudizio di appello, l’imputato, che vedeva concreto il rischio di trascorrere la sua vita dietro le sbarre, ha inteso rafforzare la sua difesa nominando l’avv. Dario Vannetiello del Foro di Napoli, confermando la fiducia all’avv. Sabato Graziano che lo aveva difeso sin dall’inizio.
A giudicare su tale omicidio è stata chiamata la Corte di Assise di Appello di Napoli, prima sezione penale, presieduta dalla Dott.ssa Monaco con a latere il dott. Santaniello.
Alla scorsa udienza, il Procuratore Generale dott. Ricci, dopo una articolata requisitoria chiese alla Corte di confermare la penale responsabilità del Calabria, seppur con una importante differenziazione .
Infatti, condividendo uno specifico motivo di diritto offerto dall’avv. Dario Vannetiello, la Procura Generale aveva chiesto alla Corte di ridurre la pena dell’ergastolo in quella di anni trenta di reclusione.
A seguire l’arringa dell’avvocato Vannetiello che si è a lungo soffermato sulla genericità delle dichiarazioni dei collaboratori, sulla omessa valutazione delle prove dichiarative secondo i principi stabiliti da recentissime sentenze della Suprema Corte nonché sulla impossibilità di esprimere un giudizio sulla attendibilità dei collaboratori alla luce degli atti presenti nel fascicolo processuale, oltre che sulla carenza di elementi in ordine ala premeditazione del delitto..
All’udienza successiva ci sono state le conclusioni dell’avvocato Sabato Graziano il quale, tra l’altro, ha evidenziato che quelle dichiarazioni dei pentiti che hanno parlato per “sentito dire” non avevano un significativo valore probatorio in quanto non erano stati escussi coloro che erano le fonti dirette dell’accaduto, oltre ad evidenziare che il quadro probatorio complessivo legittimava quantomeno una assoluzione per quella che una volta veniva definita “insufficienza delle prove” .
La decisione era attesissima in quanto il Calabria, personaggio di primissimo piano della criminalità acerrana, era detenuto solo per la ordinanza custodiale emessa all’interno di tale procedimento penale; infatti, non aveva nessun altra pena da scontare, nessuna altra ordinanza carico, addirittura nessun altro procedimento penale da cui difendersi, neanche “a piede libero”.
Dopo una lunga camera di consiglio, la Corte di assise di appello, pur confermando la penale responsabilità del Calabria, ha alleggerito le accuse e la sua posizione.
Infatti, i giudici di secondo grado hanno escluso sia la aggravante della premeditazione, sia la aggravante dell’aver il Calabria diretto le attività per commettere il reato, sia la aggravante dell’essere l’omicidio organizzato da più di cinque persone.
Ulteriore risultato raggiunto dalla difesa è rappresentato dall’aver la Corte di assise di appello condiviso l’articolato e particolare calcolo del temine di prescrizione per i reati in materia di armi, circostanza che ha determinato la emissione di una sentenza di non doversi procedere sia per il delitto di detenzione di arma da fuoco, sia per il delitto di porto in luogo dell’arma 9X19 con la quale fu commesso l’omicidio.
La conseguenza della esclusione delle plurime aggravanti e della prescrizione è stata la trasformazione della pena dell’ergastolo inflitta in primo grado in quella di trenta anni di reclusione.
Si rimane in attesa del deposito della motivazione della sentenza e, soprattutto, dell’esito del ricorso per cassazione, nel caso di specie tutt’altro che scontato, anche alla luce dell’avvenuto indebolimento della iniziale ipotesi accusatoria.