Rette delle scuole privata: pagarle o no? Il difficile quesito
Due bambini su tre frequentano gli asili privati o paritari e uno su cinque frequenta le scuole elementari presso una scuola paritaria.
Dei 13.000 istituti scolastici italiani, il 70 per cento garantisce l’istruzione dell’infanzia, il restante 30 per cento si divide tra un 15 per cento di scuola primaria e un 15 per cento della secondaria di primo e secondo grado.
La scuola non riaprirà, oramai sembra certo e nel ginepraio di norme che regolano rimborsi e risarcimenti per servizi non fruiti, i genitori che abbiano già pagato, o siano sollecitati a saldare rette delle scuole private sono tanti. I decreti emanati dalla presidenza del consiglio non hanno dato alcuna indicazione in merito. Dal 5 marzo sono sospesi i servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, ma non ci sono indicazioni sulla possibilità per i genitori di sospendere il pagamento delle rette scolastiche né di richiedere il rimborso delle quote già versate.
Per l’associazione scuole cattoliche, che rappresenta la maggior parte degli istituti privati in Italia, devono essere sospese soltanto le rette dei nido e delle scuole per l’infanzia, perché i servizi non vengono sostituiti dalla didattica a distanza.
Mentre, per gli altri gradi, gli istituti dovrebbero agire in autonomia, prevedendo, però, un abbattimento. Ma alcune scuole non intendono sospendere neppure quelle, altri lo hanno fatto. Tra riduzioni, drastiche o minime, non c’è un orientamento univoco. Secondo la giurisprudenza, però, le famiglie avrebbero diritto a sospendere i pagamenti.
Dal punto di vista giuridico di fatto fatto la sopravvenuta impossibilità di ricevere la prestazione per la quale è stato già corrisposto il prezzo, o parte di questo, riguarda un articolo del codice civile, (1463) che norma la risoluzione dell’accordo e il diritto dei consumatori a ottenere il rimborso di quanto pagato e non usufruito a causa di forza maggiore.
Bisogna fare attenzione al fatto che il contratto, firmato al momento dell’iscrizione dei propri figli a scuola non contenga clausole che prevedano il pagamento della retta anche in caso di chiusura imposta da eventi esterni.
Se la circostanza non fosse specificata, ’interruzione della frequenza per causa di forza maggiore non può obbligare le famiglie al pagamento delle relative rette o a non rivedersi accreditate quote già versate per un servizio che gli istituti scolastici non non garantiscono. Al contrario, si paleserebbe un indebito arricchimento in capo a detti istituti.
I costi sostenuti dagli istituti sono nettamente inferiori da quando le attività scolastica è stata sospesa. Dalle utenze (incluso il riscaldamento) al personale per la sorveglianza e per le mense. E neppure la didattica a distanza, secondo l’avvocato Santi Delia, giustifica il pagamento integrale della retta.
Per questo ha messo a disposizione online la lettera da inviare per sospendere i pagamenti. La prestazione (trattandosi appunto della prestazione di servizi a fronte del pagamento di un prezzo) della scuola (garantita dalla retta), difatti, non è affatto solo quella della didattica, spiega il legale, “ma tutte quelle ulteriori connesse e persino più rilevanti come l’affidamento dei bambini e ragazzi per le ore di studi”.
E aggiunge: “Secondo costante giurisprudenza, difatti, con l’accoglimento della domanda di iscrizione degli alunni e la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, fa sorgere a carico dell’istituto l’obbligo di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso”. E in effetti molte famiglie hanno dovuto sostenere la spesa ulteriore per pagare babysitter.
L’associazione che raccoglie 12.500 scuole invece non ha dubbi: il regolare versamento delle quote serve a garantire la continuità e la qualità dell’istruzione. Ma se le rette non devono essere pagate per i nido e le classi dell’infanzia, per le altri gradi devono essere ridotte.
“Le scuole dell’Associazione Gestori Istituti Dipendenti dall’Autorità ecclesiastica (Agidae) e Fidae vigilano e sono costantemente impegnate a garantire una differita didattica online e gli insegnanti sono concentrati a portare a termine l’anno scolastico secondo le direttive del Miur per far conseguire agli alunni e studenti i regolari titoli scolastici” sostengono Francesco Ciccimarra e Virginia Kaladich, presidenti di Agidae e Fidae, “le rette scolastiche devono essere pagate in quanto annuali e permettono la valutazione degli apprendimenti conseguiti considerato che l’attività didattica si progetta, opera e cresce anche in questo difficile periodo”.
Secondo le due associazioni “la pressione sociale che rivendica, in base alla chiusura governativa, il diritto a non pagare è congruo nella scuola dell’infanzia, così come nei nidi dove il servizio didattico-educativo è venuto a mancare totalmente.
Ove invece la scuola è stata parzialmente chiusa viene riconosciuto uno sconto percentuale sulla retta del periodo interessato visti gli ammortizzatori sociali straordinari oggi previsti dal Governo. La gestione e la decisione dell’emergenza grava sulla responsabilità dell’ente gestore che deve valutare responsabilmente l’impatto degli sconti di retta sugli equilibri complessivi della gestione scolastica”.
(articolo tratto dal Mattino)