San Martino è diventato il paese degli specchi

Un'amara riflessione del professore Giovambattista Teti

Redazione
San Martino è diventato il paese degli specchi

San Martino è diventato il paese degli specchi. Riceviamo e volentieri pubblichiamo dal professore Giovambattista Teti.

Egregio direttore, i primi rigori autunnali, contrassegnati dalle piogge e dal sole sempre più freddo mi suggeriscono qualche considerazione che intendo sottoporre alla sua cortese e lucida attenzione.

Il paese dei balocchi

Lei certamente avrà a cuore la proficua produzione “artistica” di Carlo Collodi, “papà” della figura di Pinocchio, capolavoro della letteratura per ragazzi e “pietra miliare” tra i ricordi di infanzia di decine di bambini della nostra generazione. Ebbene, direttore, lei ricorderà “il paese dei balocchi” dove l’ingenuo ed innocente Pinocchio sarebbe stato condotto dagli scaltri suoi “amici”, il gatto e la volpe.

Ovviamente, direttore, nella grandiosa fantasia di Collodi, il “paese dei balocchi” rappresentava la tentazione e il “fallo” in cui era finito, suo malgrado, il protagonista della storia. Il mio paese, direttore, non è mai stato il “paese dei balocchi”, però, nella visione lucida e arguta di un suo illustre concittadino, il dottor Gianni Raviele, figura alla quale oggi è intitolata l’aula consiliare, è stato “il paese dell’anima”, intendendo, a mio modesto avviso, il termine anima come simbolo di “radici”, “legami profondi”, “memoria”, “vincoli ancestrali” che ci si porta dietro, nel cuore e nello spirito, per sempre, anche quando si va via, si emigra, si parte per mete lontane, senza certezze su un possibile, atteso, agognato ritorno.

Che dirle, direttore! Oggi a San Martino non ci sono più né il paese né “l’anima”, e “di tanti che ci corrispondevano non è rimasto neppure tanto”, parafrasando il sommo poeta. San Martino vive un tempo “dissepolto da un silenzio di secoli”, come scrisse Sciascia ne “Il giorno della civetta”.

Non c’è dibattito nell’opinione pubblica, non ci sono “criticità”, neppure di poco conto, sulle quali poter intervenire, suggerendo una soluzione o promuovendo un minimo pubblico contraddittorio. Non esiste una prospettiva per l’immediato futuro e figuriamoci se ce ne possa essere qualcuna per un futuro più lontano.

Non c’è interesse per nessuna tematica di comune utilità: ambiente, salvaguardia del territorio, vivibilità e servizi, contrasto allo spopolamento e alla denatalità, viabilità e trasporti, periferie, occupazione, valorizzazione di tipicità, tutela del patrimonio immobiliare pubblico e, soprattutto, privato. Mi fermo, direttore, altrimenti finisco per diventare pedante!

Un’ultima cosa, però, devo aggiungerla, me lo conceda e la ringrazio! Mi riferisco agli specchi, direttore! Sì, penso di essere stato chiaro; a San Martino, come d’incanto, compaiono, d’improvviso, solo specchi, li si trova ovunque, soprattutto in periferia, e anche a coppie, avvinghiate allo stesso sostegno. Sono nuovi, lucenti e “colpiscono” l’occhio “vigile e curioso” del “viandante che andava…”, e così scomodiamo pure il vecchio Verga.

Ma a cosa serviranno mai tutti questi specchi di cui le ho accennato, direttore? Lo domando a lei e me lo domando ogni giorno, ma, ahimè, pur sforzandomi, non sono ancora riuscito a trovare una risposta! Chissà! Mi affido a lei e alla sua buona volontà, direttore, e ripenso al compianto dottor Raviele, il quale, se per una sera soltanto potesse ritornare nel suo paese, sfogliando l’inseparabile “Le Monde”, direbbe: “Dov’è finito il mio paese dell’anima, questo non è altro che il paese degli specchi”.

Con deferente preghiera di pubblicazione, Giovambattista Teti”