San Martino: Caro don Salvatore, ci vediamo in Tribunale
San Martino: Caro don Salvatore, ci vediamo in Tribunale. Pubblichiamo il commento che l’avvocato Giovanni Adamo ci ha inviato dopo la pubblicazione dell’articolo di ieri relativo a don Salvatore Picca.
Commento
Sono rimasto profondamente deluso dal contenuto e dal tono della risposta, poiché cercano di celare una manifesta incapacità di dare risposte concrete e giuridicamente fondate.
Il rammarico e l’amarezza aumentano soprattutto se a ricorrere, poi, agli attacchi personali di natura ridicola, è un giovane religioso.
Tengo a precisare, che già da lunedì mi metterò a lavoro, informando il Sindaco e ricorrerò all’Autorità Giudiziaria competente; affinchè possa svolgere le dovute indagini per accertare ogni forma di responsabilità che potrebbe derivare da tali comportamenti.
Caro Don Salvatore, la vicenda non è per niente conclusa, ci vedremo in Tribunale!
Giovanni Adamo
(AVVOCATO)
SAN MARTINO, AVV. ADAMO: GIU’LE MANI!
Il nostro parroco con l’avviso sacro affisso all’ingresso della cappella del Santissimo Rosario, riguardante i lavori di manutenzione straordinaria ed il rinnovo della concessione perpetua, ha “messo le mani” arbitrariamente su di un bene in cui i nostri cari defunti hanno trovato degna sepoltura, dopo aver acquistato i loculi funerari con i loro piccoli risparmi.
Dovrebbe essere stato noto, che il tempo di permanenza di un resto mortale nel loculo funerario, appartenente o appartenuto ad una Confraternita, è disciplinato innanzitutto dall’atto costitutivo (statuto – atto di natura privata) della Confraternita stessa; da non confondersi con la durata della concessione (atto di natura amministrativa) che nella presente vicenda risulta essere perpetua.
Solo dopo la scadenza del periodo di permanenza è consentito formulare richiesta di riduzione dei resti ossei; in modo da liberare spazio in funzione di nuove tumulazioni.
Le norme
Nel nostro caso, non vi è alcun nesso giuridico tra il tempo di permanenza nel loculo funerario e la concessione perpetua; acclarato che la stessa non può essere trasformata in concessione a tempo determinato (90 anni), in quanto rilasciata antecedentemente all’emissione del D.P.R. n. 803 del 21.10.1975, entrato in vigore nel febbraio 1976.
La cappella, ubicata nel cimitero comunale, è appartenuta alla Confraternita del Santissimo Rosario, illegittimamente soppressa dall’Arcivescovo Metropolita SERAFINO SPROVIERI, come da decreto emesso in data 02.04.2001.
La nullità e/o l’inefficacia giuridica del decreto di soppressione hanno determinato anche l’invalidità del trasferimento di tutti i beni mobili ed immobili alla Parrocchia dei Santi Giovanni Battista e Martino Vescovo.
La necessità di un decreto ministeriale
A norma dell’art. 77 del Regio Decreto 2 dicembre 1929, n. 2262, è necessario che venga emesso un decreto ministeriale che riconosca formalmente la Confraternita come ente ecclesiastico civile con finalità di culto, per essere poi iscritta nel Registro Prefettizio delle Persone Giuridiche.
Il riconoscimento è presupposto giuridico essenziale per un’eventuale soppressione, poiché con tale provvedimento si acquista lo status di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto con finalità di culto e la conseguente personalità giuridica civile, che non va confusa con la personalità giuridica canonica perpetua, che si ottiene nel momento in cui la Confraternita viene eretta con decreto dell’Ordinario Diocesano, ai sensi dei canoni 298-320 del Codice di Diritto Canonico.
L’emissione del decreto diocesano di erezione canonica e il riconoscimento civile della finalità di culto, conferito mediante il provvedimento ministeriale, qualificano la Confraternita come persona giuridica pubblica ecclesiastica, per cui i suoi beni sono di natura ecclesiastica e ricadono sotto la vigilanza e la giurisdizione della Curia Arcivescovile (Diritto Canonico canone 1257).
Solo dopo la verifica della sussistenza dei suindicati provvedimenti, che devono ricorrere in via cumulativa e non alternativa, la Confraternita viene sottoposta alla giurisdizione della Curia Arcivescovile, altrimenti la vigilanza e la giurisdizione competono sempre all’Autorità Civile.
Mai riconosciuta la finalità di culto
Tenuto conto, che per la nostra Confraternita non ci è stato mai il riconoscimento della finalità di culto, il Vescovo diocesano non aveva nessun potere giuridico di emettere il decreto di soppressione a norma del canone 320 del codice di diritto canonico e di disporre la devoluzione del suo patrimonio ad altro ente ecclesiastico, ovverosia alla Parrocchia dei Santi Giovanni Battista e Martino Vescovo.
Il non riconoscimento della finalità di culto ha determinato la non iscrizione della Confraternita nel Registro Prefettizio delle Persone Giuridiche; istituito presso l’Ufficio Territoriale del Governo di Avellino, ai sensi del D.P.R. 10.02.2000, n. 361.
Secondo quanto previsto dalla circolare n. 28 del 01.03.1999 emessa dalla Conferenza Episcopale Italiana, le Confraternite, esistenti o meno, che non abbiano avuto il riconoscimento civile del fine di culto, secondo le norme di derivazione concordataria (Accordo di Villa Madama del 18.02.1984) sono disciplinate dalla Legge dello Stato (Ordinamento Civile) e non possono essere soppresse con effetti giuridici validi ed efficaci nell’ordinamento civile attraverso un decreto del Vescovo diocesano.
Confraternita
Viceversa, se la Confraternita fosse stata regolarmente iscritta nel predetto registro, come ente ecclesiastico civilmente riconosciuto con finalità di culto, il Vescovo avrebbe potuto emettere il decreto di soppressione e trasmettere il provvedimento al Ministro dell’Interno che, con proprio decreto, avrebbe potuto disporre l’annotazione del provvedimento nel Registro Prefettizio delle Persone Giuridiche e provveduto alla materiale devoluzione dei beni dell’ente soppresso ad altro ente ecclesiastico (art. 20 della Legge 20 maggio 1985, n. 222) (Regolamento di esecuzione D.P.R. n. 33 del 1987).
La norma prevede che: la soppressione degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e la loro estinzione per altre cause hanno efficacia civile mediante l’iscrizione nel Registro delle Persone Giuridiche del provvedimento dell’Autorità Ecclesiastica competente che sopprime l’ente o ne dichiara l’avvenuta estinzione.
Autorità ecclesiastica
L’Autorità Ecclesiastica competente trasmette il provvedimento al Ministro dell’Interno che, con proprio decreto, dispone l’iscrizione di cui al primo comma e provvede alla devoluzione dei beni dell’ente soppresso o estinto.
Tale devoluzione avviene secondo quanto prevede il provvedimento ecclesiastico, salvi in ogni caso la volontà dei disponenti, i diritti dei terzi e le disposizioni statutarie; e osservate, in caso di trasferimento ad altro ente, le leggi civili relative agli acquisti delle persone giuridiche.
Il provvedimento di soppressione acquista efficacia civile, anche in ordine all’effetto traslativo del diritto di proprietà, ossia alla materiale devoluzione dei beni mobili ed immobili, dal momento dell’iscrizione dello stesso nel Registro Prefettizio delle Persone Giuridiche.
L’iscrizione nel richiamato registro rappresenta l’attività primaria di pubblicità costitutiva e dichiarativa di qualsiasi diritto; per cui il decreto di soppressione per essere opponibile ed efficace nei confronti dei terzi deve essere necessariamente iscritto.
Per le Confraternite non riconosciute che non abbiano alcun patrimonio è sufficiente che il Vescovo diocesano, in qualsiasi momento con proprio decreto, revochi il riconoscimento e la personalità giuridica canonica perpetua nell’ordinamento canonico, ai sensi del canone 120 del Codice di Diritto Canonico.
Invece, se la Confraternita non riconosciuta possiede beni mobili od immobili, non è possibile la soppressione con devoluzione del patrimonio da parte dell’Autorità Ecclesiastica ad altro ente ecclesiastico, perché l’ente è sotto la vigilanza e la giurisdizione dell’Autorità Civile.
Orbene, la cappella del Santissimo Rosario non può essere considerata di proprietà della Parrocchia dei Santi Giovanni Battista e Martino Vescovo, per cui è da ritenersi appartenente al Patrimonio Comunale, ai sensi degli artt. 832 e 934 del Codice Civile.
Conseguenze
Ne consegue, che l’affermazione contenuta nell’avviso sacro, secondo la quale la cappella è di proprietà della Parrocchia dei Santi Giovanni Battista e Martino Vescovo ed il parroco è l’unico autorizzato a “rinnovare” la concessione (vendendo nuovamente i loculi funerari già acquistati dagli umili fedeli) in quanto rappresentante legale, è assolutamente falsa, poiché priva di qualsivoglia riscontro giuridico di natura documentale opponibile al terzo, che sancisca e costituisca in modo dichiarativo il diritto di proprietà richiamato nell’avviso sacro.
Pertanto, si invita il parroco a revocare immediatamente l’avviso sacro esposto; e, nel contempo, tutti gli addetti alla gestione del cimitero comunale, ad interrompere immediatamente la già avviata procedura di estumulazione dei resti mortali dei defunti presenti nella cappella del Santissimo Rosario, con trasferimento presso altro luogo del cimitero; e di astenersi per il futuro dalla tumulazione nella cripta della medesima cappella dei resti mortali di altri defunti.
Autorità giudiziaria
Qualora, tale invito non dovesse essere accolto, si provvederà a presentare denuncia-querela all’Autorità Giudiziaria competente a perseguire tali atti illeciti aventi rilevanza penale; chiedendo il sequestro preventivo dell’immobile, onde evitare la protrazione di ulteriori condotte antigiuridiche; e a segnalare tale iniziativa illegittima anche all’ Autorità Ecclesiastica.
Per quanto previsto dall’art. 51 del D.P.R. n. 285 del 10.09.1990 sarà trasmessa copia del presente atto al Sig. Sindaco, affinchè eserciti il suo potere-dovere di controllo in ordine ad ogni attività che venga posta in essere nell’ambito del cimitero comunale.
Lo esortiamo ad adottare tutti i provvedimenti di legge diretti e conseguenziali, al fine di garantire l’affermazione del principio di legalità.
Manutenzione
Per ciò che riguarda il profilo della manutenzione straordinaria, sono da richiamare gli artt. 63 del D.P.R. n. 285 del 10/09/90 (Regolamento di Polizia Mortuaria Nazionale) e art. 32 commi 1 e 2 (Regolamento di Polizia Mortuaria Comunale), i quali prevedono che in tali casi la manutenzione straordinaria è di competenza dell’Ente Locale.
Concludo con la convinzione di aver fatto cosa gradita a tutti coloro che si sarebbero potuti trovare nelle ingiuste condizioni di versare indebitamente cifre economiche esorbitanti, nelle mani di chi non ha nessun titolo valido ed efficace che ne legittimi la titolarità alla ricezione.
Giovanni Adamo
(AVVOCATO)
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