San Martino: la furia di don Salvatore Picca che presenta i conti al suo successore

Don Salvatore era stato accusato di aver lasciato la parrocchia piena di debiti

Redazione
San Martino: la furia di don Salvatore Picca che presenta i conti al suo successore
San Martino: la furia di don Salvatore Picca che presenta i conti al suo successore. Non le manda certo a dire don Salvatore Picca che per undici anni è stato parroco a San Martino Valle Caudina. Anche se il suo nome non era stato fatto, è stato accusato di aver lasciato le casse parrocchiali senza fondi . Con questa missiva inviata al nostro giornale e pubblicata anche sul suo profilo Facebook racconta le cose come stanno e fa chiarezza rispetto a determinate accuse

Le parole di don Salvatore

Preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro.” (C. Chaplin). “Con Chaplin sono stato sempre convinto nella mia vita che mai dovevo preoccuparmi di ciò che gli altri pensano di me, visto che le opinioni cambiano in continuazione, ma che sempre dovevo preoccuparmi di agire ascoltando ciò che la mia coscienza mi suggeriva per esser sempre tranquillo nelle scelte fatto di aver cercato in ogni modo il bene.
E, dopo 48 anni, posso dire fieramente di non aver mai di proposito fatto qualcosa di male per ferire qualcuno o per mettere qualcuno in difficoltà. Tuttavia, c’è un diritto al buon nome che nessuno si può permettere di calpestare, ecco perché, quando le chiacchiere di qualcuno che ama agire nel nascondimento raggiungono organi di stampa, diventa un dovere dire le cose come stanno.
Convinto che chi sceglie di andar via da una parrocchia non deve più metterci piede per nessun motivo per non mettere in difficoltà chi ha il compito di continuare a guidare la comunità che si lascia, sin dal settembre 2021, mai più ho messo piede a San Martino, mai mi sono permesso di presentarmi ad un funerale, ad un battesimo o ad un matrimonio (e posso assicurare che le richieste che mi sono arrivate sono state tantissime, ma la mia risposta per tutti è stata no! Non ho ceduto neppure quando le persone erano legate a me da legami particolari).
E questa scelta non è stata dettata da risentimento, odio verso qualcuno, rabbia, ma dalla semplice volontà di non mettere in difficoltà chi veniva dopo di me e di non essere mai un peso.
Perdonate anche la poca modestia, ma questo atteggiamento è stato anche il frutto della certezza delle grandi cose realizzate in 11 anni che mi rendevano agli occhi di tutti un mito inarrivabile e perciò, la consapevolezza che nessuno avrebbe mai potuto neppure lontanamente imitarmi, mi ha portato alla volontà di scomparire perché nessuno potesse addossare a me eventuali fallimenti personali.

Debiti insanabili

E anche quando mi è giunto all’orecchio un continuo ritornello da parte di chi mi ha succeduto di aver trovato debiti insanabili, ho fatto sempre buon viso a cattivo gioco e mai risposto alle provocazioni. Poiché sono stato sempre convinto che chiunque poteva raffrontare con molta semplicità ciò che era stato fatto e ciò che al momento veniva fatto.
Se il modo per oscurare la mia ingombrante presenza era scaricare su di me l’accusa di non riuscire a lavorare perché non c’erano soldi, ho sempre preferito lasciar correre e non sparare sulla “Croce Rossa”. Ma tutto ha una misura e tutto ha un limite.
 Dover leggere su organi di stampa amici del “Regime” (che mentre attaccano per un’ovvia mancanza, giustificano con la situazione in cui il mio successore si sarebbe trovato!) che chi mi ha succeduto ha trovato una situazione economica precaria è davvero troppo. E, dunque, penso che faccia bene a tutti verità e chiarezza.
Prima verità: non corrisponde assolutamente al vero che a San Martino ci fossero debiti!!! Nel mese di agosto del 2021 il sottoscritto, don Claudio Moffa, delegato Arcivescovile per le consegne parrocchiali, e il mio successore, abbiamo avuto un incontro durante il quale ho consegnato al delegato Arcivescovile la somma di 16.500 euro, depositata sul conto corrente bancario della parrocchia, l’inventario parrocchiale in cui in modo dettagliato erano elencati tutti i beni mobile ed immobili della parrocchia e, cosa irrituale, 100 intenzioni di Sante Messe (per un valore di 1.000 euro); dico irrituale perché mai nessun parroco si è preoccupato di lasciare al successore un numero di messe da celebrare, che gli assicurasse una tranquillità di offerte nei primi mesi di parrocato.
Nella stessa riunione al mio successore fu chiaramente detto (in realtà glielo aveva detto già l’Arcivescovo quando gli propose di succedermi a San Martino) che la parrocchia aveva acceso un mutuo di 80.000 euro per terminare i lavori dell’oratorio parrocchiale (mutuo che prevedeva 10 rate da 8.400 euro) e di cui io avevo già tranquillamente pagato le prime 3 rate, lasciandogli nella cassa parrocchiale la disponibilità necessaria per pagare la 4 e la 5 rata.
Questo che chiunque può pensare potesse essere un debito in realtà non lo era per due motivi: il primo è dato dal fatto che la parrocchia di San Martino nel solo anno 2020 (anno del covid e, quindi, anno di chiusura delle chiese) aveva raccolto di offerte domenicali (quindi solo le offerte raccolte durante le messe domenicali, a cui poi andavano sommate le offerte dei sacramenti, le offerte date al parroco, le offerte delle feste, ecc…) più di 16.000 euro (chiunque può capire che per una comunità come quella di San Martino un mutuo del genere è una sciocchezza di cui la parrocchia neppure si accorge).
La colpa non è mia se per sfaticatezza si riducono le celebrazioni domenicali da 5 a 3, visto che meno messe, meno lavoro, corrisponde purtroppo a meno offerte e, quindi, meno entrate!!!; il secondo è dato dall’impegno che i fratelli Franco avevano preso con me di continuare a dare alla parrocchia fino all’estinzione del mutuo la cifra di 30.000 euro annui (questa cifra andava infinitamente oltre alla rata del mutuo, quindi, avrebbe permesso di apportare con il tempo ulteriori miglioramenti).
Non si può addossare a me la colpa dell’aver costretto i fratelli Franco a non erogare più questa cifra vedendo che l’oratorio parrocchiale veniva tenuto in una situazione di degrado totale, che la casa canonica era stata trasformata in una discarica e che, a qualsiasi proposta di utilizzo, venisse detto no!!! E soprattutto sentirsi dire che la mia scelta di intitolare a loro (senza il cui prezioso contributo tante cose non sarebbero giunte al termine!!!) l’oratorio parrocchiale era stata una follia.
E dispiace vedere che chi ha gestito le entrate parrocchiali con me per 11 anni (poiché io non mi sono mai permesso di raccogliere con le mie mani una questua o di ricevere un’offerta) e ora è uno dei più grandi collaboratori e burattinaio del mio successore abbia una memoria cosi corta da non ricordare le cifre gestiste in questi anni.

Grandi cose per una grande comunità

Seconda verità: San Martino è una comunità grande e generosa che se ben motivata sa dare infinitamente di più di quanto si cerca!!! Negli 11 anni di permanenza a San Martino mi sembra di aver dimostrato con pazzia enorme (questo lo ammetto!!!) che una grande comunità può fare cose grandi, basta solo saperla motivare e sapergli far vedere che i soldi affidati sono stati spesi bene.
Al mio arrivo a San Martino trovai il conto corrente parrocchiale bloccato (poiché fin quando non si risolvevano la querelle della successione post mortem di don Ugo, non potevo avere accesso al conto parrocchiale) e neppure una lira in cassa, ma, senza nulla dire, mi rimboccai le mani e subito ristrutturai appartamento (anche se abitavo a Cervinara ho sempre pensato che il pastore doveva stare nel gregge), sacrestia e studio parrocchiale.
Avevo soldi da parte per farlo? Nessuno. Semplicemente mi lanciai. Nel terzo anno della mia presenza a San Martino, piuttosto che lamentarmi di presunte mancanze di soldi, inaugurai la Chiesa di san Giovanni che non vedeva da più di cento anni nessun tipo di intervento di manutenzione.
Avevo soldi per farlo? Solo un contributo di 170.000 euro dell’8×1000 che copriva in parte il costo totale di 500.000 euro (il restauro di San Giovanni fu l’occasione che mi fece conoscere i fratelli Franco e che con sfacciataggine mi fece chiedere ad Ernesto di finanziare il nuovo pavimento, opera non finanziata dall’8×1000. Ernesto accettò, ma mi disse anche che mi avrebbe dato i soldi solo alla fine perché era convinto che non sarei mai riuscito a concludere quel restauro.
Quando poi vide i lavori terminati fu bellissimo sentirgli dire che quelli che aveva dato per San Giovanni erano i soldi che aveva speso meglio in vita sua. Per questo restauro fui costretto ad accedere ad un mutuo di 50.000 euro, pagato senza alcun problema in quattro anni. Nel sesto anno della mia presenza a San Martino inauguravo il rifacimento della Chiesa di San Martino V. avevo soldi a disposizione???
Nessuno, nessun contributo pubblico. Potevo contare solo sulla generosità dei sammartinesi che non venne meno e tutti hanno potuto ammirare cos’era la chiesa parrocchiale prima e dopo il rifacimento.
Nell’ottavo anno della mia presenza iniziavo i lavori del complesso parrocchiale. Avevo soldi??? Un finanziamento di 1.000.000 di euro dell’8×1000 e la consapevolezza di dover trovare altri 300.000 euro per completare l’opera. Non ci pensai su due volte e feci iniziare subito i lavori che consegnarono a San Martino una struttura che era l’invidia di tutta la regione Campania, perché nessuno può vantare un centro del genere.
Quanto ho trovato al mio arrivo a San Martino??? 90.000 euro frutto dell’eredità di don Ugo (che solo per mio merito non finì ad altri) e dei risparmi parrocchiali. Chiunque sa farsi due calcoli e concludere che rispetto a tutto ciò che è stato speso quei 90.000 erano semplici briciole.

Lasciati in parrocchia anche i regali personali

Terza verità: io da San Martino non mi sono portato nulla e ho lasciato tutto ciò che era stato regalato a me personalmente. Quando sono arrivato a San Martino non c’era nessun paramento degno di esser chiamato tale per le celebrazioni liturgiche. Alla mia partenza ho lasciato un patrimonio di arredo liturgico di più di 70.000 euro (tutte le casule e gli arredi vari in gran parte erano regali fatti a me durante le prime comunioni, che potevo tranquillamente portare con me ma che ho preferito lasciare alla comunità che li aveva donati!!!).
L’unica cosa che mi sono portato (perché acquistato con i miei soldi personali!!!) è parte dell’arredamento. Avevo deciso di lasciarlo al mio successore, ma vista la scostumatezza con cui sono stato trattato durante l’anno di permanenza nella nuova canonica (permanenza per cui ho sempre pagato la cifra di 200 euro mensili, in modo da non gravare con le utenze sulla cassa parrocchiale), conclusi che non era il caso.
Volevo tenere tutto questo nel segreto, ma visto l’atteggiamento ambiguo di chi mi ha succeduto che “votta a pret e accov a man”, è meglio far conoscere a tutti la verità e non lasciare più alibi agli sfaticati…”