Se una docente fa cantare Faccetta Nera. Se quanto denunciato ieri da Pina Fontanella (“Scuola, fascismo e confini della libertà di insegnamento”) è vero – e, stante l’autorevolezza della fonte, non ho motivo di dubitarne – e se riguarda, come temo, la nostra città, ci troviamo di fronte a un episodio di inaudita gravità, che richiede l’attivazione di tutte le risorse di resistenza (non di “resilienza”!) della comunità.
Certo, non della sua interezza, purtroppo. Qualcosa di analogo a quanto avvenuto la settimana
scorsa in relazione allo striscione dal contenuto omofobo e discriminatorio.
scorsa in relazione allo striscione dal contenuto omofobo e discriminatorio.
I fatti, per come sono stati riportati, sono questi: «Durante una lezione dedicata al periodo del fascismo, l’insegnante ha scelto di aprire l’intervento illustrando presunte “positività” del regime […].
Nel corso della spiegazione, la docente ha inoltre contestato il libro di testo adottato dall’istituto, sostenendo che alcune delle pagine più critiche nei confronti del fascismo fossero inesatte o distorte,
arrivando a esprimere posizioni di esaltazione del regime e della figura di Mussolini. […]
arrivando a esprimere posizioni di esaltazione del regime e della figura di Mussolini. […]
Il clima creato in aula ha portato la classe a intonare “Faccetta nera”, canzone di propaganda del periodo coloniale fascista, ampiamente riconosciuta per il suo contenuto razzista e colonialista.
In questo contesto, una studentessa dalla pelle scura ha espresso il proprio disagio e dissenso, dichiarando di sentirsi offesa e a disagio.
La reazione dell’insegnante, tuttavia, non è stata di confronto o mediazione: la studentessa sarebbe stata rimproverata e invitata a tacere, con il divieto di manifestare ulteriormente il proprio punto di vista».
Ricordo, soprattutto ad uso dei più giovani, che “Faccetta nera” è una canzone di propaganda del colonialismo fascista che celebra la conquista dell’Etiopia, promettendo a una donna africana una falsa liberazione attraverso la sottomissione all’Italia.
Veicola un immaginario apertamente razzista, sessista e imperialista, fondato sulla violenza coloniale travestita da redenzione.
Per altro, come non ricordare che nella nostra città, pochi mesi fa, durante una serata pubblica organizzata nell’elegante cornice della Rocca dei Rettori nell’ambito di una manifestazione di “Campagna Amica”, la medesima canzone è stata riprodotta dagli altoparlanti suscitando sgomento e indignazione, tanto da costringere gli organizzatori a dissociarsi pubblicamente dall’accaduto e sottolineare la distanza di quell’episodio dai valori democratici e antifascisti?
Trovo necessario, anzi doveroso intervenire affinché quanto denunciato da Fontanella non resti un gesto individuale, ma diventi una mobilitazione su un duplice fronte: da un lato, la tutela della tudentessa, che ha subito una doppia umiliazione – l’ascolto forzato di una canzone razzista e la negazione della parola; dall’altro, l’urgenza di arginare una montante marea “nera” che ambisce a farsi “egemonia”, affermando parole d’ordine e, soprattutto, gesti simbolici destinati a diventare il pendant quasi naturale del potere politico conquistato da un partito post-fascista nelle elezioni del 2022.
Bene ha fatto, ad esempio, Giuseppe Vassallo a scrivere, sempre ieri, a proposito del famigerato striscione, mettendolo in relazione ad un “clima” che si sta creando nel Paese:
«Al di là delle motivazioni degli autori, è innegabile che i contenuti dello striscione richiamano – anche
indipendentemente dalle volontà – ideologie maschiliste, intolleranti, di sopraffazione, odio e discriminazione.
indipendentemente dalle volontà – ideologie maschiliste, intolleranti, di sopraffazione, odio e discriminazione.
Manifestazioni di un pensiero da regime totalitario che viene espresso senza pudore in un momento
della nostra storia in cui si cantano, appunto senza vergogna, canzoni fasciste nelle sedi del partito della presidente del Consiglio, si inneggia a figuri del regime degli anni Venti-Quaranta, si utilizza
l’armamentario del peggior periodo della storia italiana.
della nostra storia in cui si cantano, appunto senza vergogna, canzoni fasciste nelle sedi del partito della presidente del Consiglio, si inneggia a figuri del regime degli anni Venti-Quaranta, si utilizza
l’armamentario del peggior periodo della storia italiana.
Manifestazioni di un pensiero tenebroso, spesso veicolato da esponenti politici che in modo spregiudicato e irresponsabile alimentano la sottocultura della ghettizzazione e dei pregiudizi».
In quel caso, giustamente, dopo la mia denuncia sui social, vi è stata una mobilitazione cittadina che ha mostrato l’esistenza di potenti anticorpi contro derive pericolose.
Mi auguro che anche in questo caso accadano almeno due cose: anzitutto che il dirigente dell’Ufficio
scolastico provinciale di Benevento avvii le necessarie verifiche, segnalando l’accaduto ai vertici regionali, a tutela della studentessa; e poi che la Benevento antifascista si mobiliti con prese di posizione
chiare e pubbliche, capaci di affermare il fascismo per ciò che è stato: una barbarie razzista, da ripudiare senza se e senza ma.
scolastico provinciale di Benevento avvii le necessarie verifiche, segnalando l’accaduto ai vertici regionali, a tutela della studentessa; e poi che la Benevento antifascista si mobiliti con prese di posizione
chiare e pubbliche, capaci di affermare il fascismo per ciò che è stato: una barbarie razzista, da ripudiare senza se e senza ma.
Questo Paese, oggi guidato anche da personaggi discutibili che conservano ancora il busto di Benito Mussolini nei propri studi, è lo stesso che, con la quadrilogia di “M” di Antonio Scurati e con la
notevole serie televisiva da essa tratta, ha mostrato il vero volto del fascismo: non un’epopea ma una macchina politica fondata su violenza e opportunismo.
notevole serie televisiva da essa tratta, ha mostrato il vero volto del fascismo: non un’epopea ma una macchina politica fondata su violenza e opportunismo.
Alla docente in questione ricordo che la scuola non è uno spazio neutro né un luogo di arbitrio individuale: è organo costituzionale diffuso, chiamato a dare attuazione ai principi fondamentali della Repubblica.
In essa vivono l’articolo 3 (eguaglianza e rifiuto delle discriminazioni), l’articolo 9 (formazione della coscienza civile), gli articoli 33 e 34 (libertà dell’insegnamento e diritto allo studio).
Piero Calamandrei diceva che la nostra Costituzione nasce dalla lotta antifascista e che il padre della nostra repubblica è Giacomo Matteotti (che attende ancora in questa città una via o una piazza degne della sua importanza: speriamo i decisori politici cittadini capiscano quanto sia importante
tener viva quella memoria con gesti potentemente simbolici).
tener viva quella memoria con gesti potentemente simbolici).
Per questo il fascismo non può essere “reinterpretato”, esaltato o normalizzato a scuola: può solo essere studiato criticamente come negazione storica e morale della Costituzione repubblicana.
Quando il fascismo entra in aula sotto forma di canto, silenzio imposto e umiliazione, non siamo di fronte a un’opinione ma a una violazione.
Difendere la scuola pubblica significa ribadire che il fascismo non è una “lettura possibile” della storia: è una barbarie da conoscere per essere definitivamente ripudiata.
Chiudo, stante le imminenti feste natalizie, con un augurio atipico, suggerito dalla tristissima vicenda e ripreso dalle pagine del partigiano franco-tedesco Stéphane Hessel: «Auguro a tutti voi, a ciascuno di voi, di avere il vostro motivo di indignazione. È una cosa preziosa.»
L’amore, quello autentico che fu alla base della predicazione gesuana, non vive di neutralità né di silenzi prudenti: si nutre di gesti concreti e di parole responsabili. Anche – e forse soprattutto – quando costano.