Sicurezza e legalità: quando si sente il bisogno di vivere sicuri

15 Giugno 2014

Sicurezza e legalità: quando si sente il bisogno di vivere sicuri

Il senso di insicurezza che attraversa la nostra società porta alla proliferazione di paure vecchie e nuove e tra queste la paura per il crimine resta una costante: nel 2013 il 60% degli italiani dichiara di avere molto paura della criminalità organizzata e il 51,2% teme molto la microcriminalità, tanto da far apparire la criminalità come un fenomeno attorno al quale si cristallizzano tutte le preoccupazioni e le ansie che caratterizzano la società attuale e che le istituzioni non riescono ad affrontare in maniera efficace. Il bisogno di vivere in sicurezza cui aspira una quota sempre maggiore di popolazione chiama in causa l’insieme delle politiche che mirano al miglioramento della qualità della vita nei contesti locali: il 33,8% degli italiani si sentirebbe più sicuro se fossero messi in atto più interventi di prevenzione sociale e il 25,9% se si riqualificassero le aree urbane più degradate, mostrando in tal modo una sensibilità verso le motivazioni, oltre che gli effetti, della devianza. Alla luce di ciò, oggi, sempre maggiormente si parla di legalità, ma soprattutto di educazione alla legalità. Un potere si dice esercitato secondo legalità quando il suo esercizio avviene nel rispetto delle leggi e non arbitrariamente Si parla di legalitarismo in caso di persone o gruppi che fanno della legalità il proprio principio-guida. L’educazione alla legalità invece,  ha per oggetto la natura e la funzione delle regole nella vita sociale, i valori della democrazia, l’esercizio dei diritti di cittadinanza. Educare alla legalità significa elaborare e diffondere la cultura dei valori civili, consente l’acquisizione di una nozione più profonda dei diritti di cittadinanza, partendo dalla consapevolezza della reciprocità fra soggetti dotati della stessa dignità. Essa aiuta a comprendere come l’organizzazione della vita personale e sociale si fondi su un sistema di relazioni giuridiche, sviluppa la consapevolezza che condizioni quali dignità, libertà, solidarietà, sicurezza non possano considerarsi come acquisite per sempre, ma vanno perseguite, volute e, una volta conquistate, protette. Oltre ad essere una premessa culturale indispensabile, si pone come un sostegno operativo quotidiano, perché solo un’azione di lotta radicata saldamente nelle coscienze e nella cultura dei cittadini, potrà acquisire caratteristiche di duratura efficienza, di programmata risposta all’incalzare del fenomeno criminale. Ma educare alla legalità vuol dire anche e soprattutto praticarla: le regole non devono essere presentate come puri comportamenti obbligatori, ma devono essere vissute con consapevolezza e partecipazione. Per recuperare e per affermare il valore della cultura della legalità, occorre promuovere il concetto di cittadinanza fondato sulla coscienza di due principi essenziali: quello del “diritto” e quello del “dovere”, sul rispetto dell’altro, delle regole e delle leggi. L’Educazione alla legalità ebbe formale origine nel contesto storico 1992-’93, quando gravi eventi (le stragi di Capaci e via D’Amelio, gli attentati di Milano, Firenze, Roma) resero forte la percezione di una minaccia al sistema democratico; l’onda emotiva che ne seguì portò ad un proliferare di iniziative della società civile, che indussero ad un nuovo impulso nella promozione della cultura democratica, quale mezzo di contrasto a fenomeni, come quello mafioso, permeati della cultura della prevaricazione, violenza e tendenzialmente totalitaria. Prende le mosse dunque, storicamente e teoricamente, dalla conoscenza del fenomeno mafioso (“un’emergenza speciale della nostra società”). Infatti, per rispondere al carattere organizzato della criminalità occorre un’ azione altrettanto organica e continuativa, un impegno assunto da tutti e su tutti i fronti con decisione e responsabilità. L’illegalità oggi, è soprattutto un tipo di mentalità, che fa della prepotenza, della sopraffazione e dell’omertà diffusa i suoi principali punti di forza. Tutti, senza alcuna esclusione, siamo potenziali soggetti devianti con minacce, pistola o colletto bianco. Anche solo tacendo i soprusi, lo siamo. Il lato oscuro è nascosto in ognuno di noi. Non esiste affatto un abisso tra la vita mentale del criminale comune e quella del cittadino perbene che incontriamo tutti i giorni. La dicotomia “noi-loro”fra i bravi cittadini e i criminali non esiste. E’ un’invenzione mentale che l’uomo crea per proteggersi da se stesso.  Combattere l’illegalità e tutto ciò che la alimenta, significa partire da noi stessi, da una personale assunzione di responsabilità. (immagine da web)

Dr.ssa Mariarosaria Alfieri, Criminologa, Specialista in Scienze Forensi, Presidente Associazione Criminalt

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