Solstizio d’inverno: il giorno in cui il sole muore

Il Caudino
Solstizio d’inverno: il giorno in cui il sole muore

Io non ho mai capito la morte. Non ho mai capito chi dice la morte è normale, la morte è logica, tutto finisce quindi anch’io finirò. Io ho sempre pensato che la morte è ingiusta, la morte è illogica, e non dovremmo morire dal momento che si nasce .” Lo scriveva Oriana Fallaci nel suo “Se il sole muore”; era il 1965, e l’uomo aveva finalmente verificato la possibilità di “mettere piede” nello spazio extraterrestre; eppure era rimasto uomo. Era umano il vecchio genitore, attaccato alla tangibilità delle cose terrene, agli alberi, alla terra, al Sole che lo guardi da lontano e lo vedi senza guardarlo; era umana la figlia, curiosa e spaventata dal “nuovo mondo”, dalla conquista dei nuovi spazi, dal terrore che il Sole morirà, e con esso l’intera umanità. Il Sole che muore: una paura ancestrale, inconscia ed empirica, che accompagna l’umanità dalla notte dei tempi. Perché il Sole, una volta all’anno, muore. Muore, e c’è il giorno più corto dell’anno, o, se piace, la notte più lunga; c’è, per l’appunto, il “solstizio d’inverno”, (dal latino sol –sole- e sistere –arrestarsi- ), che cadrà nel nostro emisfero questa notte tra le 23.30 e le 24.00. Non è che il Sole muoia davvero, lo sappiamo; sappiamo che raggiungerà il punto più meridionale della sua corsa apparente nel cielo, e sembrerà fermarsi, facendo raggiungere al buio della notte la sua massima estensione; epperò, da subito, invertirà la sua rotta, e la luce del giorno tornerà lentamente ad aumentare; e quindi, ancora, – come credevano gli antichi,- il nostro astro avrà i suoi nuovi “natali”. L’uomo ha sempre caricato tale fenomeno di significati simbolici ed esoterici; forse, perché un Sole destinato, tra il 21, 22 e 23 dicembre, a perdere la consueta luce e brillantezza, per il solo gusto di avere un nuovo Natale ,- un Sole che muore e subito rinasce,- non avrebbe potuto meglio essere definito, se non “Sol invictus”, (sole invincibile). Caro alle antiche popolazioni, il culto del Natale del Sole invincibile, – ovvero il solstizio d’inverno, -veniva identificato con la celebrazione della divinità legata alla coscienza della resurrezione e della vita; si credeva, che in quel giorno fossero nati, ad esempio, il Dio Sole Bambino, (Horus, ma anche Osiride) nell’antico Egitto, Bacco in Grecia, Zarathustra in Azerbaigian, Budda in Oriente, Alban Artuan, ( “ Luce di Artù“), per le antiche popolazioni celtiche. Anche la tradizione latina praticava, in quel periodo dell’anno, il culto di Giano, dio dalle due facce, simbolo dell’inizio e della fine, degli eventi passati destinati a ripetersi, dell’eterno ritorno della luce a discapito delle tenebre. Invece, i festeggiamenti per la data del 25 dicembre furono introdotti ufficialmente dall’Imperatore Aureliano, nel 274 d.c., come festa del Natale del Sole, mentre Costantino, abbracciando la fede cristiana, trasformò nel 330 d.c. la festività del Sol Invictus nel nostro Santo Natale. Da sempre, dunque, il passaggio dalle tenebre alla luce è legato ancestralmente al tema del risveglio interiore, alla morte ed alla rinascita, alla purificazione ed elevazione. Non a caso, la tradizione identifica il Solstizio con le due famose “Porte”, (per i pagani custodite da Giano Bifronte, per i Cristiani da Giovanni Evangelista), simbolo della contemporanea esistenza di due dimensioni, passato e futuro, che si congiungono proprio in quel giorno, e le porte si aprono, è permesso il varco, ed esce la morte, entra la vita, e la Terra ed il Sole che muoiono si preparano a rinascere ed all’eterno risveglio. L’umanità non muore, finché non muore il Sole. Forse, perchè il Sole che muore, dalla notte dei tempi, rinasce sempre.

Rosaria Ruggiero
gentedistratta.it