Timbra il cartellino e si allontana ,legittimo il licenziamento
Lo conferma la Corte di Cassazione
Timbra il cartellino e si allontana ,legittimo il licenziamento. La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l’ordinanza 4714/2024, pubblicata il 3 febbraio 2025, ha confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente infedele che era stato licenziato dopo aver regolarmente timbrato il proprio cartellino presenze ed essersi allontanato dal servizio per svolgere altre attività.
L’Ente Autonomo Volturno srl esprime soddisfazione per il provvedimento reso dalla Suprema Corte che ha riconosciuto la validità delle prove raccolte dall’azienda a dimostrazione del comportamento fraudolento del lavoratore in quanto condotte di siffatto tenore, oltre a violare i doveri contrattuali, integrano un illecito disciplinare e configurano un’ipotesi di truffa aggravata ai danni dell’azienda, a danno della collettività.
La Corte ha peraltro confermato la legittimità dell’utilizzo di un’agenzia investigativa per accertare le condotte illecite del dipendente, nonché la correttezza della procedura disciplinare seguita dall’azienda, che ha garantito il diritto di difesa del lavoratore.
“La Cassazione”, afferma il Prof. Marcello D’Aponte, che ha difeso l’Eav in tutti gradi del giudizio, “fa chiarezza sui controlli difensivi e sulla procedura disciplinare adottata confermando così la legittimità del licenziamento.
“La sentenza”, secondo il professionista, “ribadisce alcuni principi fondamentali in materia di diritto del lavoro: la legittimità dei controlli investigativi disposti dal datore di lavoro, anche tramite agenzie investigative, quando finalizzati a verificare comportamenti del dipendente che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti o attività fraudolente;
la validità della prova testimoniale resa dall’investigatore privato, unitamente alla relazione investigativa e al generale quadro probatorio; la correttezza della procedura disciplinare seguita dall’azienda, che ha garantito il diritto di difesa del dipendente”.
La Corte ha inoltre chiarito che il datore di lavoro non è tenuto a fornire al dipendente, in fase disciplinare, le fonti di prova su cui ha basato il licenziamento, in assenza di una specifica richiesta da parte del lavoratore.
Questa sentenza, secondo Umberto De Gregorio, Presidente del CdA e DG di Eav, “costituisce un importante precedente giurisprudenziale che rafforza le tutele a disposizione delle aziende contro i comportamenti fraudolenti di alcuni dipendenti infedeli che mortificano gli sforzi e il sacrificio della maggior parte di essi”.