Valle Caudina, 23 novembre 1980: quei novanta secondi che cambiarono tutto
Non è solo una mesta ricorrenza, è qualcosa di più.
Il 23 novembre è una data parte del nostro dna. C’è un primo ed un dopo il 23 novembre del 1980: c’è un prima ed un dopo il terremoto e chi c’era non potrà mai dimenticare. Circa novanta secondi durò la scossa del nono grado della scala Mercalli e procurò 2.194 morti, 8.848 feriti e circa 300.000 sfollati. Cifre da capogiro che neanche riescono a dare il senso di una tragedia immane che spazzò via interi paesi e portò via tantissime vite umane. Una tragedia che arrivò di domenica sera, alle 19 e 34, quando la gente stava rientrando a casa al termine di una giornata di festa o era già alle prese con la preparazione della cena. Gli uomini guardavano la sintesi della partita in televisione e quella sera era di scena il derby di Italia: Juventus – Inter, un match che non si poteva perdere. All’epoca, c’era solo al Rai a trasmettere le immagini del nostro campionato ed una sintesi della gara di cartello. Dopo il telegiornale e lo sceneggiato serale gli sportivi attendevano la “domenica sportiva”. Ma quella sera, in provincia di Avellino ed in tutta la zona colpita dal terremoto, nessuno vide quella trasmissione. Si scavava anche a mani nude tra le macerie: i primi veri soccorsi, infatti, sarebbero arrivati solo tre giorni dopo. Settantadue ore dopo, un tempo infinito per chi aveva perso tutto, un tempo spropositato per chi era sepolto sotto le macerie. Grazie a Dio, in Valle Caudina non ci furono morti: solo qualche ferito ma i danni furono ingenti.
Addirittura ci sono stati dei paesi, come Cervinara, che hanno cambiato per sempre la propria fisionomia. Ma questo è stato determinato soprattutto dalla bramosia della ricostruzione. Intanto quella notte tutti dormirono in strada nelle proprie auto. Si accesero dei fuochi per riscaldarsi, mentre dall’Alta Irpinia arrivavano notizie terrificanti. Non c’erano i cellulari: le linee telefoniche furono distrutte, la televisione non dava notizie certe.
Solo grazie a qualche radioamatore, si poteva capire cosa era veramente accaduto.
Furono tante le notti trascorse a dormire in auto: in quelle notti, la paura di ciò che poteva avvenire, accomunò tutti in un sentimento di fraternità. La ricorrenza quest’anno cade mentre nell’Italia Xentrale si sta vivendo il nostro stesso dramma di 36 anni fa. Il nostro pensiero non può non andare a loro, augurandoci che al più presto possano tornare alla normalità.