Valle Caudina: all’indomani del nubifragio, si contano i danni
Puoi spaccarti la schiena quando vuoi, puoi avere a disposizione mezzi e tecnologie all’avanguardia, puoi affidarti a docenti di fama, ma anche nell’era 2.0 l’agricoltura, come sempre, è in balia degli eventi atmosferici.
Il buon esito di un raccolto continua a dipendere dal tempo. Se è magnanimo, riesci a portare a casa qualcosa, ma se scatena la sua forza, finisce tutto in pochissimi minuti.
L’ennesima dimostrazione di questa legge vecchia di millenni è arrivata, per gli agricoltori caudini, nel pomeriggio di ieri. Un’ora di pioggia e dieci minuti di grandine ed è andato a farsi benedire il lavoro di un anno. La raccolta delle ciliegie è, praticamente, terminata prima che potesse cominciare. A rischio anche tutte le altre colture. Qualcosa si potrà riseminare, ma si tratta davvero di poco. In fumo soldi investiti, lavoro realizzato e la possibilità di portare a casa qualche giornata per la manodopera. In una situazione del genere, ti viene la voglia di lasciare tutto e cambiare mestiere. Così fanno un po’ sorridere quando pontificano economisti ed esperti, quando dicono che i giovani devono avvicinarsi alla terra con piglio diverso. Devono diventare moderni imprenditori e non devono essere più legati alla immagine classica del contadino. Ci viene da chiedere qual è la differenza quando, come ieri, la natura mostra il suo volto peggiore. Cosa può fare il moderno imprenditore agricolo rispetto al contadino classico? La risposta è una sola, assolutamente niente. Queste parole non vogliono essere mica un incitamento a lasciar perdere l’agricoltura, tutt’altro. In questa materia ci sarebbe bisogno di interventi concreti e celeri, altro che le chiacchiere degli esperti che non hanno mai toccato una zolla di terra. Regioni e Stato, in questo determinato contesto, dovrebbero prevedere degli indennizzi che non arrivino con le calende greche. Il primo, ad esempio, dovrebbe riguardare la tassazione che andrebbe sospesa immediatamente. E poi dei rimborsi che non arrivino tra dieci anni, per evitare che l’azienda agricola tracolli.
Basterebbe prendere esempio da quello che si fa in Francia e in Germania. In quei paesi, il rispetto per chi si spacca la schiena nei campi è reale e gli agricoltori hanno soglie di protezione che in Italia ci sogniamo. Ma anche in tante regioni del Nord, ci sono incentivi seri e veloci in caso di calamità naturale.
In Campania non facciamo altro che elogiare la bontà dei nostri prodotti, gli esperti pontificano sulla organizzazione diversa della azienda agricola, ma oggi i contadini caudini sono soli. Hanno i piedi nel fango e tentano di salvare qualcosa, ma niente altro sarà fatto per loro.