Valle Caudina – Antonio, 61 anni senza lavoro: pulisce le scale per tirare avanti
E’ una storia molto comune e, perciò, fuori dai raggi di luce dei media. Una vita confinata nel cono d’ombra del sacrificio e della dignità umana.
Succede anche in Valle Caudina che un uomo con oltre cinquant’anni perda il lavoro, sia senza cassa integrazione e senza disoccupazioni. I figli, i problemi di salute e allora devi trovare una strada per arrangiarti, per sbarcare il lunario.
Oggi raccontiamo la storia di Antonio (nome di fantasia).
Lo abbiamo incontrato per caso in un palazzo signorile in Valle Caudina.
Per caso abbiamo scambiato qualche parola con lui e ci siamo interessati alla sua storia.
Gli abbiamo chiesto di prendersi una pausa e di bere con un caffè con noi.
“Finisco di pulire, se puoi aspettarmi ci vediamo al bar tra mezz’ora”.
Lo abbiamo aspettato ed egli ha accettato di raccontare la sua storia.
“Fammi un favore, però: non cerco pietà e non chiedo nulla a nessuno. Se vuoi, parla di me senza problemi ma fai capire che non cerco la carità”.
Ha le mani callose Antonio, 61 anni a ottobre con due figli e una moglie. Qualche problema di salute (“la schiena non mi regge più come una volta e la pressione ma quella è comune a tutti”).
“Fino a quattro anni fa lavoravo per una ditta del napoletano: operaio specializzato”, racconta l’uomo mentre sorseggia il caffè.
“Mi occupavo di tornitura: una cosa molto complicata ma lo facevo oramai da quarant’anni. Una bella mattina, però, il capo, il proprietario ci chiama. Faccia nera, volto appeso ma sempre bello tirato nei suoi vestiti di marca”.
A questo punto il volto dell’uomo diventa cupo. Lo incalzo: “Cosa vi ha detto?”
Sospira.
“Le solite cose: la crisi, le tasse, il governo e il solito bla bla bla. Dice che dopo un mese avrebbe chiuso. Aveva iniziato già le procedure con il sindacato e che lui avrebbe fatto altro. Tutte balle”.
“Perché?”
“Innanzitutto il sindacato nella nostra azienda non lo abbiamo mai visto. Poi abbiamo scoperto che uno dei nostri era stato eletto rappresentante sindacale e aveva trattato la chiusura. Poi la sorpresa più amara: l’imprenditore aveva deciso di investire all’estero. E di punto in bianco venti famiglie per strada”.
“E voi cosa avete fatto?”
“Il solito: scioperi, picchetti. Promesse, tante promesse ma niente da fare. Dopo meno di trenta giorni, azienda chiusa e noi in cassa integrazione. Il resto è storia”.
“E la pensione?”
“Ho pochi anni di contributi e da quello che leggo con le varie riforme non so se mai avrò una pensione io”.
Intorno a noi tanti ragazzini a prendere il caffè. Antonio si gira: “I miei figli però vanno all’università sai? E io e mia moglie facciamo tanti sacrifici per aiutarli a costruire un futuro migliore”.
Gli chiedo cosa sia successo dopo.
“Nulla”, risponde con amarezza. “A cinquantasette anni non sei buono più a nulla per il mercato del lavoro figurati in Valle Caudina. Finiti i sussidi dello Stato ho cominciato a fare di tutto ed è quello che faccio ora”.
“Di cosa ti occupi?”
“Lavoretti, piccoli aggiusti e pulisco le scale”. Sorride, con volto fiero, con una dignità che non ho mai visto.
“Non chiedo nulla a nessuno. Guadagno poco e grazie anche al lavoro di mia moglie riusciamo a vivere a testa alta”.
La moglie – spiegherà dopo – si occupa di contabilità in una ditta nel Sannio.
“Una cosa però la voglio dire. Mi fanno ridere quando parlano di ripresa, di crescita economica e di occupazione. Ma di noi chi si occupa? Sai quanti ce ne sono nelle mie condizioni? Siamo fantasmi della società. Io, però, non mi arrendo”.
Valle Caudina, un pomeriggio di agosto del 2017: ecco cosa è la dignità.
Angelo Vaccariello