Valle Caudina, caporalato: il vergognoso silenzio di politica e sindacati
Valle Caudina. Qualche attento lettore de Il Caudino on Line, ricorderà che abbiamo dedicato diversi articoli alla vile pratica del capolarato anche nella nostra terra.
Abbiamo descritto, con dovizia di particolari, quei viaggi che tante donne fanno a partire da Aprile sino a metà luglio verso le serre dell’agro nocerino sarnese o i campi della piana del Sele.
Si lavora dieci ore al giorno, in condizioni inumane, per una paga da fame.
Si accetta quella dura fatica perché anche quei pochi euro possono servire a sfamare una famiglia, ma soprattutto perché vengo versati i contributi che permettono di accedere alla indennità di disoccupazione e ad un periodo di malattie pagate.
Abbiamo sollevato il velo su quella situazione nel più assoluto silenzio.
Sulla vicenda non ha speso una parola nessuno. Sono rimasti in silenzio i politici, le organizzazioni sindacali, la chiesa e la cosiddetta società civile.
Tutti zitti, perché tutti conoscono bene la situazione. A partire dai sindacati, che attraverso i loro Caf istruiscono le pratiche di disoccupazione.
Mai nessuno di loro si è preoccupato di sapere come vengono versati quei contributi e se vengono rispettati almeno i diritti più elementari, come, ad esempio, fare una pausa per andare in bagno. Ora il ministro per le politiche agricole, Martina, annuncia dopo la morte di una bracciante che il capolarato deve essere combattuto come la mafia.
Ben venga: noi ci possiamo solo augurare che si faccia presto. Anzi, sembra molto strano che un ministro si accorga solo oggi di questa piaga.
Visto che Martina è un assiduo frequentatore dell’Expo di Milano, si potrebbe prendere la briga di chiedere ai rappresentanti delle nostre grandi industrie alimentari se hanno un codice etico, rispetto al controllo dei fornitori di materie prima. Al di là degli annunci del mese di agosto, questo potrebbe essere un primo e vero fatto concreto.
P. V.