Valle Caudina: i teatri di Airolandia
Una iniziativa che ricorda il camion teatro

Valle Caudina: i teatri di Airolandia ( di Giacomo Porrino). «Lasciate il vostro ego fuori dalla porta», così quarant’anni fa Quincy Jones accoglieva la confraternita dei grandi del pop di quel periodo.
«Ora portate il vostro ego altrove», invece, ad Airola, sull’exitus di uno degli spettacoli de «Il paese incantato», un happening di teatro, scenografia, coreografia, stand-up a cura dell’associazione Airolandia. Un gruppo di appassionati di teatro che da qualche tempo ha modo di sviluppare una linea di impegno tra lo studio e la produzione spettacolare.
Addirittura senza le consuete derive autocelebrative ed egoconcentriche, squame assai diffuse in coloro che «fanno teatro» in queste contrade (così come, ahinoi ,altrove). Già questo dovrebbe meritare una prima curiosità.
Sempre accompagnato dalla mia buona scorta di prudenza e spericolatezza nel taschino, ho voluto vedere questo incanto del paese. E ne ho cavato una sorpresa, una buona sorpresa.
Non si è trattato della solita rassegna un tanto al chilo, né del podio dal quale mostrare al mondo tutto il proprio imperdibile talento, tampoco della solita passerella dove esibire il repertorio della velleità come spesso m’è toccato vedere.
No, nel paese incantato si trova invece anzitutto un sincero amore per il teatro, e te ne rendi conto abbastanza presto quando, per iniziare, sono i bambini a essere coinvolti come primi attori-giocolieri che introducono un mondo immaginario, trappola involontaria di bambocciate del XVII secolo, in bilico tra le derive del fantastico e i rimbalzi emotivi di David Lynch.
Tre spettacoli e un concerto finale, di buona fattura e ben correlati. Ma non è questo ciò che emerge come la vera forza di questa epifania in forma di teatro. È proprio la dimensione collettiva, lo slancio consonante di coloro i quali l’hanno voluta, allestita, resa accessibile.
È la coralità di un movimento concorde che ha saputo congegnare due diverse linee di accesso per un pubblico che si è ritrovato al termine mescolato con tutti gli elementi di un incanto fatto di teatro, musica, fiaba.
Dove i piani distali degli organizzatori, degli attori, dei musicisti, dei «demoni» conduttori del pubblico, sono stati smantellati per quella ambizione del teatro di comunità, nato agli inizi degli anni Settanta, che qui sembra invece mutare in una comunità di teatro. Una comunità che intende costruire uno spazio ulteriore e non conflittuale sforbiciando la scena urbana fino a renderla elemento vivo. Non un semplice fondale.
Per qualche verso mi ha ricordato la grande esperienza del «Camion Teatro» di Carlo Quartucci e Carla Tatò, che proprio alla metà degli anni Settanta, per mano della spinta di Paolo Petti, vide anche la Valle Caudina come un luogo di quella storica esperienza teatrale.
Il Camion Teatro ha attraversato le strade di quell’Airola, acciuffando le persone, gli avventori, i curiosi, i timidi, i diffidenti, rendendoli parte di una forma espressiva comunitaria, un marchingegno di rigenerazione urbana.
Il teatro che evade la sua sede deputata, sbriciola idealmente i confini sociali che ne rendevano difficile l’accesso a quella parte della società che sembrava non averne diritto. Anche se non se ne ricorda quasi più nessuno.
E dunque la Piazza San Carlo, con la facciata della chiesa disegnata da Gennaro Ferace nella Airola del principio del XX secolo, con il prezioso basolato della seconda metà del XVIII secolo, le facciate delle architetture civili, epigone di una storia complessa, i cortili patrizi, diventano attori coprotagonisti delle azioni sceniche, suggeritori di un testo invisibile che confluisce nella esperienza emotiva del pubblico.
Qualcuno, sospetto, penserà che un costo di ingresso sia in qualche modo gravoso. E magari chi dirà questo non avrà esitato a spendere il doppio per una bistecca, more solito. Ma tre spettacoli e un concerto, che – bene rammentarlo – hanno un costo oneroso, un apparato organizzativo altrettanto impegnativo, altrove presentano costi ben più rilevanti.
E per i sagaci della domenica è bene precisare che nessuna biglietteria è stata maltrattata per scrivere queste note.