Valle Caudina: il covid uccide ancora, muore un 51enne
Valle Caudina: il covid uccide ancora, muore un 51enne. Il covid continua a fustigare la Valle Caudina. Questa settimana si chiude con un altro morto, il terzo, dopo i due di Cervinara. Ha perso la vita un 51enne di Pannarano. Purtroppo neanche lui è riuscito a sconfiggere questo tremendo virus.
La conferma del sindaco
Ce lo conferma il sindaco Enzo Pacca che è rimasto veramente colpito da questo prematuro decesso. Si tratta di una persona originaria di San Martino Valle Caudina, ma da tempo trasferitosi a Pannarano dove aveva messo su famiglia.
Valle Caudina: il covid uccide ancora, muore un 51enne
Lascia la moglie e due figli. Pacca lo descrive come un gran lavoratore, ottimo marito ed un padre attento. Pannarano. ci dice la fascia tricolore, piange la morte di una brava persona.
Cervinara: cronaca di una famiglia colpita dal covid
“La famiglia: quella cara piovra dai cui tentacoli non riusciamo mai a liberarci del tutto, né, sotto sotto, lo desideriamo.”Lo afferma e Dodie Smith, scrittrice e drammaturga inglese vissuta nel XX° secolo, comunemente nota per la trascrizione del romanzo “La carica dei 101”, successivamente adattato al famoso film d’animazione della Walt Disney.
Citazione veritiera
Trovo la sua citazione una delle più veritiere che io abbia mai letto. La mia famiglia è stata ferocemente aggredita nell’aprile del 2021 dal mostro invisibile contro cui noi tutti combattiamo da ormai più di un anno.
Il primo positivo al Coronavirus fu mio zio. Iniziò ad avvertire sintomi fastidiosi quali la perdita di odori e sapori, decimi di febbre e un persistente raffreddore. Così pensò bene di sottoporsi ad un tampone che, purtroppo per noi, ebbe esito positivo.
Da persona responsabile quale ha sempre dimostrato di essere, avvisò tutti coloro che erano stati a contatto con lui nei giorni precedenti e si isolò immediatamente. La situazione a quel punto non ci lasciò più scampo.
Insieme a Pasqua e Pasquetta
Avevamo allegramente pranzato insieme nei giorni di Pasqua e Pasquetta, e il tampone, il cui esito speravamo potesse risultare negativo, di lì a poco avrebbe atteso anche noi. La preoccupazione maggiore che ci tormentò fin da subito fu rivolta a mio nonno, anziano di quasi 87 anni con patologie pregresse da tenere costantemente sotto controllo.
Iniziò da quel momento la nostra quarantena fiduciaria. Per fortuna siamo stati premurosamente accuditi dai numerosi parenti e amici di famiglia che sono prontamente accorsi fuori alle porte di casa nostra con buste stracolme di beni necessari, cibo e alimenti degni dei peggiori peccati di gola.
Parole che profumavano d’amore
Ma più di tutto, con parole di vicinanza e d’incoraggiamento che profumavano d’amore. Dopo qualche giorno giunse notizia del secondo positivo del nostro nucleo familiare: mio zio, fratello maggiore di mio padre.
Mio zio, ignaro di tutto, in seguito alle vacanze pasquali si era apprestato a riprendere servizio come insegnante presso la scuola elementare in provincia di Monza dove attualmente lavora. La speranza cominciò a vacillare quando arrivò il nostro turno.
Il primo a sottoporsi al tampone fu mio fratello, poi fu la volta di mio padre, di mia madre ed infine la mia. Inizialmente tutti i tamponi diedero esito negativo. Ma prestando più attenzione l’infermiera si rese conto che nei primi tre si stava formando una seconda linea, quella temuta dal mondo intero, quella del covid- 19.
Unico tampone negativo
L’ironia della sorte volle che in tutta la mia famiglia, anche dopo la straziante notizia della positività di mio nonno, solo il mio tampone dovesse rimanere negativo. L’infermiera mi invitò ad andarmene di casa. Lo fece per scongiurare che anch’io venissi infettata, ma di tutte le sue raccomandazioni la mia mente continuava a soffermarsi su un unico, angosciante punto. Avrei dovuto lasciare che mia madre, mio padre, mio fratello, mio nonno e i miei zii si riprendessero senza poter fare niente per loro.
Piangere
Avrei dovuto salutarli, lasciarmeli alle spalle e sperare di rivederli presto, guariti, sani, sereni, vivi. L’unica cosa che riuscii a fare mentre questi pensieri mi appestavano la mente fu scoppiare a piangere.
Piangere come una bambina. Non volevo liberarmi dei tentacoli della “cara piovra” di cui parla Dodie Smith, non volevo lasciare la mia famiglia. E a mio rischio e pericolo, non lo feci.
Continuai a vivere con loro e mi isolai nella mia stanza come fece mio zio poco prima di me. Gli unici momenti in cui ebbi l’opportunità di vedere mio fratello, mia madre e mio padre furono tra i corridoi, a debita distanza e con le mascherine a coprirci gran parte del volto.
Ma per me furono più che sufficienti. Certo, soffrivamo a non poterci toccare, abbracciare, perfino parlare. Soffrivamo nel non poterci più sentire la famiglia unita che siamo sempre stata.
Arcobaleno mozzafiato
Ma se è vero che ad ogni grande acquazzone segue un arcobaleno mozzafiato, noi abbiamo dovuto saper soffrire proprio bene. Dopo 20 giorni di paure, preoccupazioni, pianti e sacrifici, abbiamo sconfitto il mostro invisibile costituito dal terrificante covid-19,
Ci siamo rialzati più forti e compatti di prima e abbiamo ripreso a vivere come se non avessimo mai smesso di farlo. Perché dopotutto lo si sa: si vive solo nel tempo in cui si ama.