Valle Caudina: Il Vangelo questo sconosciuto
Un’indagine del Censis rivela dati sconcertanti.
In Italia il Vangelo, dopo duemila anni di evangelizzazione, rimane un illustre sconosciuto. Due terzi della famiglie ne possiede una copia. La metà lo considera fondamentale per la nostra identità culturale. Un terzo se ne dice toccato nell’animo. Ma quando si prova a entrare più direttamente nel discorso, confusione e approssimazione regnano sovrane. Il 46% non sa quanti sono i vangeli canonici. Pochi conoscono i nomi di tutti e quattro gli evangelisti. Il 70% dichiara di non leggere mai il Nuovo Testamento. Il 30% ricorda qualche icona evangelica come la Natività, la Crocifissione o l’ultima Cena e niente più. E’ il Censis a fotografare la beata ignoranza del Vangelo con una indagine dal titolo “Il Vangelo e gli italiani”, pubblicata proprio in questi giorni. Il Centro presieduto da Giuseppe de Rita parla di “devota incompetenza” e unicamente di “spigolature e reminiscenze catechistiche sulla vita di Gesù Cristo”. Dunque il 70% degli italiani possiede il Vangelo in casa. Il 72% non lo ha mai letto. Il 39% non sa che i Vangeli sono quattro. Gli evangelisti: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. I lettori forti e assidui sono appena l’11%. Il Vangelo è trattato come un soprammobile da tenere in libreria ma senza mai aprirlo, eppure è il libro più diffuso in Italia. Il regalo di prima comunione o cresima si conserva come un ricordo e perciò è diffuso soprattutto tra i più giovani (18-24 anni). L’Italia ha dunque reso inutile il Vangelo, cancellandolo dall’orizzonte culturale dell’italiano medio. Tutto questo vale anche per chi frequenta la Messa, che al limite ricorda solo alcune espressioni più note: “beati i poveri di spirito” (Mt 5,3), “amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mc 12,31), “lasciate che i bambini vengano a me” (Mt 19,14), “chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra” (Gv 8,7), “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli” (Mt 19,24). Addirittura alcuni ridicolizzano espressioni idiomatiche del Vangelo, come “porgi l’altra guancia”. Sono rimasto sempre profondamente scandalizzato e angustiato quando un vescovo, non riusciva a portare a termine la sua inconsistente e superficiale omelia, senza trasformare il fondamentale comandamento dell’amore, che è il cuore del Vangelo e del cristianesimo, con un’inopportuna quanto sciocca traslitterazione in dialetto napoletano: “Ama il prossimo tuo comm’ si’ nun ce stesse”. Che vergogna! Emerge però in Italia un dato confortante: la metà dei giovani che ha il Vangelo sul comodino, lo legge. Se non soffrissimo di amnesia ricorderemmo che il Vangelo è entrato profondamente nella letteratura, nella poesia, nella musica e soprattutto nell’arte. Chi non conosce il Vangelo non riesce a comprendere l’arte. Un tempo la “Biblia Pauperum” scandita in statue, dipinti e vetrate garantiva una maggiore familiarità con il Vangelo. Oggi, se noi italiani non recuperiamo questo pilastro, gettato in soffitta, andremo in regressione sia come cristiani sia come cittadini. Diceva Paul Claudel: «I cattolici mostrano nei confronti della Bibbia un grande rispetto, e questo rispetto lo dimostrano standone il più lontano possibile». San Girolamo affermava che: «L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo». Paolo VI ha scritto: «L’Europa nasce dalla Croce, dal Libro e dall’Aratro». Il Vangelo è un codice di civiltà e di vita cristiana, una lampada per i passi della vita. Un antico detto giudaico ammonisce: «Gira e rigira la parola di Dio perché in essa vi è tutto. Contemplala, invecchia e consumati in essa. Da essa non ti allontanare perché non vi è per te sorte migliore». Il Vangelo è un testo fondamentale per il credente ed è anche un libro che, ha talmente plasmato in profondità l’Occidente, da essere diventato una pietra miliare della nostra cultura. Se resta negli scaffali è anche colpa della autorità ecclesiastica che con Pio V nel 1564 promulgò l’Indice che proibiva ai laici la lettura della Sacra Scrittura in traduzioni moderne. Doveva bastare la predicazione perché la lettura della Bibbia poteva produrre eresie. Di fatto le eresie sono unicamente opera dei dotti e non dei semplici. Se resta in libreria ad accumulare polvere è anche colpa nostra che non sappiamo o non ci impegniamo a tramandarlo, trasmetterlo, annunciarlo fuori dai circuiti più scontati, fuggendo la sua banalizzazione. Anche oggi, come ieri, per ridisegnare il profilo dell’Europa e dell’Italia, in una stagione di marcata secolarizzazione, occorre tornare al Vangelo perché in questo piccolo libro è presente la grammatica di un linguaggio universale che permette all’uomo di riconoscere e annunciare la propria umanità ed anche il proprio mistero e la sua eccelsa vocazione. Il Vangelo è uno dei pochissimi libri che non smette di sorprenderci e addirittura ha il potere di cambiare la vita di chi lo incontra davvero. Ogni momento è buono per iniziare a leggerlo, bisogna solo vincere la pigrizia e l’indolenza.
Pasquale Maria Mainolfi