Valle Caudina: la camorra lontana e quella dietro casa

Il Caudino
Valle Caudina: la camorra lontana e quella dietro casa

C’erano una volta, nel napoletano, quelli “ca’ morra”, quelli della plebe affamata (che c’è ancora), che facevano il gioco della morra in strada. Non solo quello, a dire il vero. C’erano i capibastone della plebe, che avevano capito che controllare il gioco clandestino fruttava, eccome. Ma come lo controlli un popolo come quello campano, storicamente insofferente all’arroganza? E che ci vuole? Basta arruolare, in aiuto, piccoli delinquentucci provenienti dai più bassi strati della società; loro hanno fame di soldi facili e sete di potere, ed il controllo delle bische, di per sé, è potere. E poi è più facile sentirsi potenti, se si è pronti a perpetrare soprusi e violenze, per mantenere l’ordine, per farsi rispettare.
E poi il giro si allarga. Dove c’è povertà, c’è mercimonio del corpo femminile; e c’è l’affare. E chi fa commercio, in epoca post unitaria, – quando lo Stato è assente e si disinteressa totalmente del disagio sociale, – ha bisogno di protezione; in cambio, verserà un piccolo “sbruffo” agli scagnozzi, giusto per consentire a questi “guappi”, sempre più organizzati, di “mantenersi” per mantenere l’ordine, per garantire la tranquillità.
E poi il popolo che fa la rivoluzione per la gabella sulla frutta , ha i mercati generali. È racket. Altro affare.
E poi arriva a Napoli, in soggiorno obbligato, Lucky Luciano, quello che del proibizionismo ha fatto business. Quello che, alle famiglie, ai piccoli clan ancora privi di una struttura verticista, insegna tutto, ma proprio tutto, sul contrabbando. Ma anche il fiorente traffico illecito di sigarette è ancora poca cosa.
Ci vuole un “Professore” in carcere (cioè, uno che, a differenza dei più, quanto meno sa leggere e scrivere), a ristrutturare in senso gerarchico quella banda di scarpe sciolte che porta i carichi di sigarette, e non fiuta ancora l’affare della droga. È guerra civile. È la NCO, spietata ed organizzata, contro la NF legata ai boss siciliani. E, soprattutto, è l’inizio dell’attività imprenditoriale della malavita locale.
La manovalanza abbonda, i vertici sanno come “procurarsi il lavoro” (infiltrazione negli appalti pubblici, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, riciclaggio, usura, droga, smistamento di rifiuti pericolosi…). È facile, perché si vota, e se passi i voti, ti garantisci l’appoggio politico. E se qualcuno fa concorrenza, o mette in discussione il potere di un clan su una determinata zona, deve tenersi gli omicidi e gli agguati intimidatori.
Certo, la pacchia, per ciascun capo, non dura molto; prima o poi, li beccano tutti, e debbono nascondersi come topi. E se li arrestano, non è che la società ci fa un grande affare: ci sono le nuove leve, quelle che una Relazione della Dia definisce “particolarmente giovani, meno riflessive, troppo inesperte per proporre scelte criminali di ampio respiro e di lungo termine, cosicché, nel ricercare un tornaconto facile ed immediato, la loro condotta è più incline all’esercizio della violenza piuttosto che alla mediazione”. E c’è più violenza, questo è sicuro.
C’era una volta “Ca morra”, quella dei guappi di strada che fanno affari con la politica connivente, che cercano manovalanza nei bassifondi. E c’era l’idea che la camorra fosse “lontana”, forse a Napoli, forse dove c’erano gli scissionisti. Perché noi, noi siamo in Valle Caudina. Per noi, la camorra violenta è ad un’ora di treno sulla tratta di Cartone. Per noi, la camorra è la caricatura della fiction di Sky. Per noi, Saviano ha sfondato le porte aperte, scribacchiando un libriccino in cui racconta quello che noi già sapevamo.
La nostra camorra non è così. Non è pericolosa, perché non ammazza, non vuole casini o gendarmi tra i piedi. Noi siamo quelli la cui economia non è appetibile, per i sodalizi criminali. La nostra non è la camorra cattiva del casertano, quella che ti impedisce di lavorare. Noi abbiamo solo piccoli imprenditori straziati dalle tasse e dai governi, che hanno bisogno di quella protezione che lo Stato non sa dargli. Ed in cambio, possono anche pagarlo, un piccolo pizzo. E qualcuno presterà loro un po’ di grana, quando le Banche chiuderanno i rubinetti. Certo, non a titolo gratuito…ma capirai, neanche le Banche lo fanno…Ed a qualcuno dovremmo pur rivolgerci, quando subiamo quello “sgarro” di cui le Autorità non si sono sapute occupare. Noi ci puzziamo di fame, e quelli che dovrebbero tutelarci ci fanno le multe per il fanalino di coda della macchina…invece, qualcun altro ci fa lavorare.
Noi la camorra non la conosciamo.
Che ne parliamo a fare?

Rosaria Ruggiero
gentedistratta.it